Revocazione dell’ammissione del credito al passivo del fallimento

Il dolo processuale può configurarsi solo nel caso di attività fraudolente

Nell’ambito della procedura fallimentare esigenze di celerità impongono che l’accertamento dello stato passivo e il suo passaggio in giudicato avvengano in tempi brevi.

Da qui la fissazione di limiti temporali per l’esame delle domande al passivo, l’adozione di un rito semplificato in caso di opposizione e la inappellabilità della decisione, se non in Cassazione.

Revocazione dell’ammissione del credito: quando può essere adottata

L’articolo 98 L.F. attribuisce ai vari soggetti interessati (curatore, creditore o altri titolari di diritti su beni mobili o immobili) il rimedio ordinario dell’opposizione allo stato passivo, da proporre perentoriamente entro 30 giorni dalla comunicazione ex art.97 L.F., e il rimedio straordinario della revocazione fallimentare che può essere adottato solo se si scopre che il provvedimento di accoglimento o rigetto di un credito è stato determinato da falsità, dolo, errore essenziale di fatto o dalla mancata conoscenza di documenti decisivi che non sono stati prodotti tempestivamente per causa non imputabile.

Con la recente Ordinanza della Corte di Cassazione n.2284/2021 pronunciata all’udienza del 3 novembre 2020 e pubblicata in data 2 febbraio 2021, gli ermellini hanno chiarito gli elementi della fattispecie dell’istituto del dolo processuale revocatorio e quali comportamenti configurano tale istituto.

Revocazione dell’ammissione del credito : il caso seguito dallo Studio 

Lo Studio ha assistito le ragioni di un creditore davanti alla Corte di Cassazione chiedendo la riforma del decreto con cui il Tribunale di merito, a seguito dell’azione revocatoria ex art.98, comma 4, L.F. promossa dalla curatela del fallimento, ha revocato il riconoscimento del privilegio ex art.2751 bis n.5 c.c., degradando il credito a mero chirografario.

A parere del Tribunale di merito, il riconoscimento del privilegio era stato determinato dal dolo processuale del creditore per aver indicato nella domanda di insinuazione al passivo circostanze non corrispondenti al vero dirette a creare una falsa rappresentazione della realtà, tale da trarre in inganno il curatore e il giudice perché non facilmente percepibili, data anche la voluminosità della documentazione depositata e la complessità della materia.

Revocazione fallimentare: ai fini del dolo è necessario comportamento fraudolento

La Corte di Cassazione, con l’integrale accoglimento del ricorso, ha statuito che il richiamo al “dolo”, tra i requisiti di proponibilità della revocazione fallimentare ai sensi dell’art.98 co.4, L.F. ben può attingere alla sedimentazione giurisprudenziale determinatasi attorno agli analoghi istituti del codice di rito che fanno riferimento alla corrispondente impugnazione straordinaria (art.395 n.1 e n.6 c.p.c.), per cui «il dolo processuale revocatorio non può essere riscontrato nel semplice silenzio su fatti sfavorevoli alla parte interessata, o nell’aver omesso di far cenno ad atti o documenti che potrebbero risultare sfavorevoli alla parte stessa, e neppure nel mendacio, occorrendo sempre, per la sua configurazione, una concreta attività dolosa, l’uso di artifici o raggiri.» (Cass. Sez. Unite n.1389/1967).

Occorre una condotta che violi la posizione giuridica dell’altra parte, impedendole in concreto di svolgere la propria difesa e al Giudice l’accertamento della verità, non potendosi ravvisare ciò nel semplice mendacio, nell’omessa produzione di un documento o nel semplice silenzio, soprattutto in un sistema processuale fondato sull’onere della prova che non impone alle parti di portare a conoscenza del giudice fatti a sé pregiudizievoli.

Neppure può aver rilievo a tal fine il deposito di una rilevante mole di documenti, allegati alla domanda di insinuazione.

Pertanto, l’aver riportato nella domanda di insinuazione al passivo fatti e circostanze non vere (dipese peraltro da mero errore materiale), non comporta di per sé la configurazione del dolo processuale, anche perché non accompagnato da nessun altro comportamento che possa considerarsi raggiro o artificio, e, al contempo, non preclude il diritto di difesa e la possibilità per gli organi della procedura di poter accertare la sussistenza e natura del credito, avendo il creditore provveduto al deposito di tutta la documentazione necessaria per la valutazione della domanda e del privilegio richiesto.

Ai fini della configurabilità del dolo processuale revocatorio è quindi necessario un elemento ulteriore e cioè un “comportamento fraudolento”, non bastando invece un “comportamento sleale” che rientra nell’ambito dell’attività di difesa.

Lo Studio Legale Dedoni è a disposizione per ogni consulenza e gestione del caso concreto anche in merito alla revocazione dell’ammissione del credito.

Avv. Andrea Dedoni  mail: andrea@studiolegalededoni.it

Avv. Marcello Ibba  mail: marcello.ibba@studiolegalededoni.it

L’Avvocato Andrea Dedoni, è nato a Carbonia il 30 Settembre 1964 ed è iscritto all’albo degli Avvocati della provincia di Cagliari dal 1997.
E’ il titolare dello studio legale Dedoni , coordina, organizza e supervisiona il lavoro di tutti i collaboratori dello studio .

Le competenze dell’Avvocato Dedoni sono il Diritto del Lavoro, il Diritto Civile ed il Diritto Fallimentare. Vanta un’esperienza trentennale nella gestione dei rapporti di lavoro e nel contenzioso nel lavoro: è socio dell’Associazione Giuslavoristi Italiani e dell’Associazione Giuslavoristi Sardi.

Nato a Cagliari il 14 novembre 1973, è iscritto all’Albo presso il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Cagliari dal 24 ottobre 2005 e collabora con lo Studio Legale Dedoni sin dal 2002.