Riduzione del trattamento economico del socio lavoratore nelle società cooperative.

Importanti novità sulla riduzione del trattamento economico del socio lavoratore nelle società cooperative. La Cassazione, con l’ordinanza n. 2967 del 8.2.2021, aggiunge un’ulteriore importante pronuncia al filone giurisprudenziale che già in precedenza aveva riconosciuto l’illegittimità delle deliberazioni con la quali una società cooperativa, in caso di crisi, determina una riduzione del trattamento economico del socio lavoratore, se non viene indicata la durata temporale di tale misura.

Riduzione trattamento socio lavoratore:  la posizione del lavoratore

Al fine di ricostruire il principio enunciato dalla Suprema Corte nella pronuncia in esame, è necessario partire dall’esame della normativa che disciplina in particolare la posizione del socio lavoratore, ovvero la Legge n.142/01.

L’art. 6, comma 1, lett. d) e lett. e) prevede che il regolamento interno delle cooperative indicate debba contenere, obbligatoriamente, l’attribuzione all’assemblea della facoltà di deliberare, all’occorrenza, un piano di crisi aziendale, nel quale sia prevista la possibilità di riduzione temporanea dei trattamenti economici integrativi di cui all’art. 3, comma 2, lett. b), ovvero della facoltà di deliberare forme  di apporto, anche economico, da parte dei soci lavoratori, alla soluzione  della crisi, in proporzione alle disponibilità e capacità finanziarie.

La retibuzione dei soci lavoratori e il principio di mutualità  

L’art. 6, comma 2, della Legge in esame, nello stabilire il principio generale dell’inderogabilità in pejus del trattamento economico minimo previsto dalla contrattazione collettiva di settore, prevede esplicitamente alcune eccezioni, tra cui proprio quelle conseguenti alla deliberazione del piano di crisi aziendale.

La Corte ha rimarcato che il principio secondo cui la retribuzione in favore dei soci delle cooperative di produzione e lavoro per le prestazioni erogate in favore della società, deve essere proporzionata alla qualità e quantità del lavoro svolto e sufficiente ad assicurare un’esistenza libera e dignitosa ai soci e alle loro famiglie, ai sensi dell’art. 36 Cost., va coordinato anche alla funzione sociale della cooperazione, ispirata allo scopo di mutualità, dovendo procedersi ad un bilanciamento di interessi che involga anche la tutela dei diritti protetti dall’art.45 Cost.

Riduzione trattamento socio lavoratore:  può essere solo temporanea

La Corte ha quindi richiamato i principi già affermati in altre precedenti pronunce (cfr. Cass. 18/7/2018 n.19096, Cass. 28/8/2013 n. 19832) ed ai quali ha ritenuto di dover dare continuità, secondo cui in tema di società cooperative, la deliberazione, nell’ambito di un piano di crisi aziendale, di una riduzione temporanea dei trattamenti economici integrativi del socio lavoratore e di forme di apporto anche economico da parte di questi, ex art. art.6, comma 1, lett. d) ed e), della Legge n. 142 del 2001, in deroga al principio generale del divieto di incidenza “in pejus” del trattamento economico minimo previsto dalla contrattazione collettiva, di cui all’art.3 della predetta legge, è condizionata alla necessaria temporaneità dello stato di crisi e, quindi, all’essenziale apposizione di un termine finale ad esso.

La pronuncia in esame, ed in questo risiede un suo aspetto innovativo rispetto a quelle precedenti in relazione alle quali è andata in continuità, è altresì entrata nel merito delle conseguenze di una deliberazione affetta da carenza del requisito di temporaneità della riduzione dei compensi spettanti ai soci al di sotto dei minimi sanciti dalla contrattazione collettiva di settore.

Delibere assemblea cooperativa: sono annullabili se non indicata la durata temporale della riduzione della retribuzione

Nella sentenza n. 2967/21 si precisa che, secondo la consolidata giurisprudenza della Cassazione, in tema di invalidità delle deliberazioni dell’assemblea delle società di capitali si ha un’inversione dei criteri regolatori del diritto negoziale, in quanto per esse vige il principio in virtù del quale la regola generale è quella dell’annullabilità (art. 2377 c.c.). Nell’ambito dell’autonoma disciplina dell’invalidità delle deliberazioni dell’assemblea delle società (per azioni) vi è, dunque, una inversione dei principi comuni (artt. 1418, 1441 cod. civ.) in quanto la regola generale è quella dell’annullabilità (art. 2377 cod. civ.), la previsione della nullità è limitata ai soli casi, disciplinati dall’art. 2379 cod. civ., di impossibilità o illiceità dell’oggetto.

I casi contemplati da tale ultima disposizione, ricorrono quando il contenuto della deliberazione contrasta con norme dettate a tutela degli interessi generali, che trascendono l’interesse del singolo socio, dirette ad impedire deviazioni dallo scopo economico-pratico del rapporto di società, con la conseguenza che la violazione di norme di legge, anche di carattere imperativo, in materia societaria, e la violazione di norme poste a tutela di soci o gruppi di soci (vedi Cass. 15/11/2000 n.147g9) comporta la mera annullabilità della delibera (ex plurimis, Cass. 27/7/2005 n. 15721; Cass. 9/4/1999 n. 3457, arg. da Cass. 24/3/2014 n.6882); e ciò in virtù di una regola diretta a bilanciare l’interesse alla gestione ordinata dell’impresa sociale e l’esigenza di stabilità (e rapidità) delle deliberazioni societarie (in questi sensi vedi Cass. 24/7/2007 n.16390 e in senso conforme Cass. 11/7/2008 n.19235).

Riduzione trattamento socio lavoratore: conclusioni della Suprema Corte

Nell’ottica descritta, e pur volendo esprimere una più accentuata sensibilità – nell’esercizio della cennata attività valutativa degli interessi in gioco – per i valori tutelati dall’art.36 cost., la Suprema Corte ha ritenuto che non appare congrua l’applicabilità della sanzione della nullità sancita dall’art.2379 c.c., non essendo ravvisabili nelle delibere societarie che avevano prorogato la riduzione dei compensi spettanti ai soci in ragione del protrarsi della crisi negli anni 2011-2013, una violazione di tale gravità da essere assimilata ad una ipotesi di illiceità dell’oggetto, per violazione di norme volte ad impedire deviazioni dallo scopo economico-pratico del rapporto di società (vedi Cass. cit. n.19235/2008, Cass. n.16390/2007).

E ciò proprio considerando la peculiarità della struttura societaria ispirata a finalità di cooperazione e mutualità, oltre che la ricordata esigenza di stabilità (e rapidità) delle deliberazioni societarie, che la applicata sanzione della nullità non appare appropriata alla fattispecie considerata, dovendo farsi invece applicazione della categoria della annullabilità delle delibere societarie di cui all’art. 2377 e del relativo regime di impugnazione.

Gli avvocati dello Studio Dedoni sono a disposizione per ogni chiarimento.

    Avv. Alessio Scamonatti  mail: alessio.scamonatti@studiolegalededoni.it

    L’Avv. Scamonatti, fin dallo svolgimento della pratica forense, ha maturato le sue competenze professionali nel campo del diritto civile, curandone costantemente l’aggiornamento in relazione ai mutamenti legislativi e giurisprudenziali attraverso la partecipazione a specifici corsi di formazione.