La sentenza n. 3645/2024 del tribunale di Milano.
Con la sentenza del 16 settembre 2024 n. 3645/2024 il Tribunale di Milano si è pronunciato in merito ad un infortunio “in itinere” subito da una lavoratrice in smart working durante un permesso personale richiesto per andare a prendere a scuola la figlia, all’epoca frequentante la seconda elementare.
Il Tribunale di Milano, ripercorrendo i precedenti giurisprudenziali in materia di infortunio in itinere, ha ricordato l’orientamento ormai consolidato della Corte di cassazione che ha in più occasioni affermato che “la tutela assicurativa copre i sinistri verificatisi nel normale percorso abitazione-luogo di lavoro anche in caso di fruizione da parte del lavoratore di un permesso per motivi personali”.
“Né”, afferma il Tribunale, “può dirsi che la fruizione di un permesso di lavoro per motivi personali interrompe ex sé il nesso rispetto all’attività lavorativa”.
L’art. 23 della Legge n. 81/2017 ha esplicitamente esteso la tutela in materia di infortunio sul lavoro ed in itinere anche ai lavoratori in smart working prevedendo, al comma 3, che “Il lavoratore ha diritto alla tutela contro gli infortuni sul lavoro occorsi durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello prescelto per lo svolgimento della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali”.
Il Tribunale di Milano ha quindi condannato l’INAIL ad indennizzare la lavoratrice per il danno biologico subito a causa dell’infortunio dal quale era infatti derivata una inabilità temporanea.
Che cos’è l’infortunio in itinere: il tragitto casa-lavoro
L’infortunio in itinere, considerato alla stregua degli infortuni sul lavoro, è quell’evento accidentale che può colpire il lavoratore nel normale tragitto casa-lavoro e viceversa oppure nel tragitto che collega due luoghi di lavoro, per il caso di lavoratore che lavori presso diverse sedi.
Possiamo pensare, per esempio, ad un capo cantiere edile che lavora in due o più distinti cantieri contemporaneamente.
Oppure, nel caso in cui non vi sia un servizio di mensa aziendale, l’infortunio in itinere può verificarsi nel normale tragitto di andata e ritorno dal luogo di lavoro a quello di consumazione abituale dei pasti.
Con “normale” tragitto si intende il percorso più breve e diretto possibile: ciò significa che la copertura assicurativa INAIL non opera in caso di deviazioni/interruzioni del tutto indipendenti dal raggiungimento della sede di lavoro o non necessarie.
Non sono poi liquidati quegli infortuni direttamente causati dall’abuso di alcolici e di psicofarmaci, ovvero dall’uso non terapeutico di stupefacenti ed allucinogeni.
Non sono indennizzati neanche i casi in cui il conducente è sprovvisto della patente di guida.
Vi sono però delle deviazioni o interruzioni rispetto al “normale tragitto” che non escludono la tutela INAIL in quanto considerate “necessitate”.
Come ricordato anche dal Tribunale di Milano nella sentenza del 16 settembre scorso, “l’interruzione e la deviazione si intendono necessitate quando sono dovute a causa di forza maggiore, ad esigenze essenziali ed improrogabili o all’adempimento di obblighi penalmente rilevanti”.
Infortunio in itinere mentre si accompagna il proprio figlio a scuola.
Il caso esaminato dal tribunale di Milano.
Con la sentenza n. 3645/2024, il Tribunale di Milano ha deciso in merito al ricorso presentato da una lavoratrice al fine di veder accertato l’infortunio da lei subito in occasione di lavoro, specificamente in itinere, durante un permesso personale retribuito e al fine di ottenere dall’INAIL l’indennizzo monetario per la inabilità temporanea a lavoro conseguente all’infortunio.
La lavoratrice, dipendente della Agenzia delle Accise, Dogane e Monopoli, svolgeva la propria prestazione lavorativa in smart working, presso il suo domicilio e il 23 settembre 2020 richiedeva un permesso personale, regolarmente accordato, al fine di poter andare a prendere a scuola la figlia, allora frequentante la seconda elementare.
La ricorrente aveva percorso a piedi il tragitto dalla sua abitazione alla scuola, distante poco più di un chilometro e mezzo, quando era improvvisamente rovinata al suolo provocandosi una distorsione del piede destro e delle escoriazioni al ginocchio sinistro.
La lavoratrice si era quindi immediatamente recata al pronto soccorso dove aveva denunciato l’infortunio sul lavoro.
L’INAIL, tuttavia, aveva definito negativamente l’infortunio ritenendo che non fosse avvenuto per un “rischio lavorativo” ma per il verificarsi di un rischio generico cui sono soggetti tutti i cittadini e comune al normale vivere quotidiano.
Secondo l’INAIL, quindi, l’infortunio non sarebbe stato indennizzabile non potendosi ravvisare la cosiddetta “occasione di lavoro”, cioè la riferibilità dell’evento lesivo allo svolgimento della attività lavorativa.
Inoltre, nella ricostruzione dell’Istituto, non si sarebbe trattato di un infortunio in itinere ma di un infortunio avvenuto mentre la lavoratrice godeva di un permesso per motivi personali: la fruizione di un permesso interromperebbe ogni legame con l’attività lavorativa, non essendo quindi configurabile un percorso necessitato.
La lavoratrice, in sede di ricorso, richiamava un precedente della Corte di Cassazione, l’ordinanza n. 18659/2020, con la quale già la Suprema Corte si era espressa in tema di infortunio in itinere e aveva affermato che “l’infortunio in itinere è ricompreso nella tutela INAIL anche nell’ipotesi in cui il lavoratore percorra il tragitto in funzione di un permesso per motivi personali”.
Ma non solo, perchè la ricorrente richiamava anche la circolare INAIL n. 62/2014 nella quale lo stesso Istituto aveva chiarito a quali condizioni risultano indennizzabili gli infortuni in itinere occorsi nel tragitto casa-lavoro che sia stato deviato o interrotto per accompagnare il proprio figlio a scuola.
Infortunio in itinere durante le ore di permesso: le motivazioni della decisione del tribunale di Milano.
Il Tribunale di Milano ha ritenuto di accogliere le argomentazioni della lavoratrice a sostegno del ricorso.
Secondo i Giudici, la ricostruzione dell’INAIL non è condivisibile in quanto il permesso costituisce una fattispecie di sospensione dell’attività lavorativa nell’interesse del lavoratore e la sua fruizione non interrompe il nesso con l’attività lavorativa.
Il permesso, quindi, non è diverso dalle pause o dai riposi: si differenzia da questi ultimi unicamente per il carattere occasionale ed eventuale, a fronte del carattere di periodicità e prevedibilità che sono invece tipiche delle pause e dei riposi.
Come già in precedenza affermato dalla Corte di Cassazione, il Tribunale di Milano afferma che “il lavoratore è tutelato tutte le volte in cui si allontani dall’azienda e vi faccia ritorno in occasione della sospensione dell’attività lavorativa dovuta a pause, riposi e permessi: ciò sul presupposto della identità ontologica delle tipologie di sospensione lavorativa e della non configurabilità di un vuoto di tutela in cui, per fruire di diritti connessi alla esecuzione della prestazione lavorativa, il lavoratore si allontani dalla sede aziendale”.
Bisogna considerare, infatti, che i permessi retribuiti sono riconosciuti dall’ordinamento per ipotesi specifiche rispetto alle quali è stato operato un bilanciamento di interessi, all’esito del quale si è sancita la preminenza di specifici interessi del lavoratore costituzionalmente garantiti rispetto all’interesse del datore di lavoro alla continuità produttiva.
I periodi di permesso retribuito consentono, quindi, il godimento di diritti costituzionalmente garantiti: la sospensione dell’attività lavorativa è giustificata da ragioni connesse all’esercizio di diritti personali del lavoratore e in tale ottica non si può sostenere che il dipendente, mentre esercita un diritto riconosciuto dalla legge, non sia tutelato durante il percorso di andata e ritorno dal luogo di lavoro.
Nel caso concreto, la lavoratrice aveva richiesto il permesso al fine di andare a prendere a scuola la figlia minore nell’adempimento dei suoi doveri genitoriali e, tra l’altro, percorrendo il tragitto più corto e lineare dall’abitazione, anche luogo di lavoro, alla scuola frequentata dalla minore. Per tali la ragioni, il Tribunale di Milano, in funzione di Giudice del Lavoro, ha respinto la tesi dell’INAIL ritenendo pienamente indennizzabile l’infortunio occorso alla lavoratrice e condannando l’Istituto all’indennizzo per il danno biologico patito, così come accertato dalla consulenza tecnica svolta nel corso del procedimento e calcolato in applicazione delle tabelle di cui all’ 13 del D.lgs. 38/2000.
Ci siamo già occupati dell’infortunio in itinere, nell’articolo del 20 agosto 2021 .
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Dopo aver conseguito la maturità classica, nel settembre 2022 si è laureata in Giurisprudenza presso l’Università degli studi di Cagliari riportando la votazione di 110/110 e lode, con una tesi in diritto del
lavoro dal titolo “L’indebito retributivo nel pubblico impiego privatizzato”.
Nel corso degli studi ha approfondito le proprie conoscenze, in particolare, in materia di diritto del lavoro, pubblico e privato, e
in materia di previdenza sociale. Da novembre 2022 collabora con lo Studio Legale Dedoni, dove svolge la pratica forense.