I ragionevoli accomodamenti. Il datore di lavoro ha l’obbligo di formare il lavoratore disabile per adibirlo ad una nuova mansione?
Con la sentenza del 17 dicembre 2024, R.g. 12488/2023, il Tribunale di Bari ha dichiarato illegittimo il licenziamento intimato per sopravvenuta inidoneità permanente alla mansione ad un lavoratore con una invalidità grave.
Il Tribunale ha ritenuto che il datore di lavoro non avesse posto in essere alcun “ragionevole accomodamento” al fine di consentirgli di continuare la propria attività lavorativa.
Tra i ragionevoli accomodamenti, intesi quali condotte attive di tipo organizzativo che il datore di lavoro deve porre in essere al fine di garantire il principio della parità di trattamento dei lavoratori disabili, il Giudice del Lavoro di Bari ha affermato che rientra altresì la formazione del dipendente per lo svolgimento di una nuova mansione
Nel caso di specie, il Giudice ha ritenuto irrilevanti le allegazioni della società datrice di lavoro in merito alla incapacità del ricorrente a svolgere le nuove mansioni che gli erano state assegnate in ragione delle sue condizioni di salute, in quanto non ha provato di aver provveduto a fornire al lavoratore una adeguata formazione
La tematica centrale attorno alla quale ruota la sentenza del Tribunale di Bari è costituita dal principio generale, di derivazione comunitaria e recepito nel nostro ordinamento dall’art. 3, comma 3 – bis del D.Lgs. n. 216/2003, impone ai datori di lavoro, siano essi pubblici ovvero privati, di adottare tutti i possibili accomodamenti ragionevoli, al fine di garantire la piena uguaglianza a favore dei lavoratori con handicap in condizione di gravità ed in generale nei confronti delle persone con disabilità.
Il caso affrontato dal tribunale di bari.
Il Tribunale di Bari ha deciso sul ricorso proposto da un lavoratore avverso il licenziamento intimatogli per giustificato motivo oggettivo a causa della sopravvenuta inidoneità permanente a svolgere le mansioni di operaio forestale
Nel corso del rapporto di lavoro era stato dichiarato inidoneo alla mansione di operaio per la quale era stato assunto e il datore di lavoro lo aveva assegnato a mansioni di carattere amministrativo1. Successivamente, il ricorrente era stato sospeso in via cautelare e alla fine licenziato perché ritenuto inidoneo alla mansione di appartenenza e in ragione della impossibilità di adibirlo ad altre mansioni1.
Il lavoratore, soggetto gravato da una invalidità grave, aveva impugnato il licenziamento sostenendo che la società datrice di lavoro non aveva posto in essere alcun accomodamento ragionevole al fine di consentirgli di continuare a prestare la propria attività lavorativa e chiedeva, pertanto, l’annullamento dell’atto di recesso e la reintegra nel posto di lavoro, oltre il risarcimento del danno
La società datrice di lavoro si costituiva in giudizio sostenendo la legittimità del licenziamento ed eccependo, in primo luogo, che il lavoratore non era stato riconosciuto formalmente come “persona disabile” ma dichiarato inidoneo alla mansione posseduta e che, in ogni caso, non erano disponibili, in azienda, altri posti in cui ricollocare il lavoratore
La nozione di disabilità ai fini dell’applicazione del d.lgs. 216/2003
La società datrice di lavoro aveva eccepito, tra le altre cose, che il lavoratore non era stato riconosciuto formalmente come “persona disabile” ma era stato dichiarato inidoneo alla mansione posseduta.
Sul punto, il Tribunale di Bari ha ricordato che, ai fini della tutela antidiscriminatoria, la condizione di disabilità per cui opera il meccanismo degli “accomodamenti ragionevoli”, secondo l’articolo 3, comma 3-bis, del Dlgs 216/2003, non è di carattere medico ai sensi della Legge 104/1992, cioè incentrata su un deficit fisico o psichico, ma è di tipo relazionale e cioè considera i “processi di esclusione determinati da barriere economico-sociali”.
La tutela dei lavoratori disabili, infatti, risulta da un complesso intreccio di fonti nazionali e sovranazionali e la nozione di disabilità, ai fini dell’applicazione della Direttiva 78/2000/CE e del D.lgs. 216/2003 che l’ha recepita, va ricondotta non al diritto interno ma unicamente al diritto dell’Unione Europea.
In materia di accomodamenti ragionevoli ci si deve confrontare con una nozione di disabilità/handicap intesa quale “ condizione patologica causata da una malattia diagnosticata come curabile o incurabile, qualora tale malattia comporti una limitazione, risultante da menomazioni fisiche, mentali o psichiche durature che, in interazione con barriere di diversa natura, possono ostacolare la piena ed effettiva partecipazione della persona interessata alla vita professionale su base di uguaglianza con gli altri lavoratori” come risultante dalla Direttiva 2000/78/CE, dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea e dalla Convenzione Onu sui diritti con delle persone con disabilità.
Alla luce di questa nozione di disabilità, il Tribunale di Bari ha ritenuto che, nel caso di specie, il lavoratore dovesse essere considerato “soggetto disabile” con consequenziale applicazione dell’art. 3, comma 3 bis, del D.lgs. 216/2003 e di tutte le tutele in materia di ragionevoli accomodamenti.
La formazione del dipendente disabile per l’affidamento di una nuova mansione: esiste un obbligo per il datore di lavoro?
L’art. 3, comma 3bis, del D.lgs. 216/2003, in attuazione della Direttiva 2000/78/CE, ai fini di garantire il rispetto del principio della parità di trattamento delle persone con disabilità, prevede l’obbligo per i datori di lavoro pubblici e privati di adottare “ragionevoli accomodamenti nei luoghi di lavoro”.
Data l’impossibilità per il Legislatore di tipizzare delle condotte prescrivibili, il contenuto specifico dell’obbligo di adottare “ragionevoli accomodamenti” è lasciato all’interprete, cioè al datore di lavoro prima ed eventualmente al giudice poi, fermo restando il limite della ragionevolezza.
Come chiarito anche dalla Corte di Cassazione, occorre sempre tenere conto del limite costituito dalla inviolabilità in peius delle posizioni lavorative degli altri prestatori di lavoro, nonché della esigenza di evitare oneri organizzativi eccessivi e squilibrati per l’impresa, da valutarsi in relazione alle dimensioni dell’azienda e alle risorse finanziarie.
I cosiddetti ragionevoli accomodamenti sono dunque degli adeguamenti di vario contenuto di tipo organizzativo, che il datore di lavoro deve porre in essere e che si caratterizzano per la loro “appropriatezza”, cioè per la loro idoneità a consentire alla persona svantaggiata di svolgere la propria attività lavorativa.
Il Tribunale di Bari ha ricordato che non è sufficiente che il datore di lavoro provi la impossibilità di ricollocare il lavoratore in altre posizioni lavorative per l’espletamento di altre mansioni, eventualmente anche inferiori, compatibili con il suo stato di salute, come se si trattasse di un ordinario repechage.
Gli accomodamenti ragionevoli e i loro limiti.
A tale onere si aggiunge, infatti, quello diverso relativo all’adempimento dell’obbligo di accomodamento ragionevole che è condizione, insieme al primo, della legittimità del recesso.
Questo ulteriore obbligo si caratterizza in positivo, cioè nella ricerca di misure organizzative ragionevoli idonee a consentire alla persona con disabilità lo svolgimento di un’attività lavorativa altrimenti preclusa.
Il datore di lavoro dovrà fornire la prova di aver compiuto uno sforzo diligente per trovare una soluzione organizzativa appropriata per evitare il licenziamento, ferma restando la possibilità di dimostrare che eventuali soluzioni alternative, pure possibili, risultavano essere prive di ragionevolezza, perché coinvolgenti altri interessi o perché sproporzionate o eccessive in relazione ai costi finanziari e alle risorse dell’impresa.
Il Giudice del Lavoro di Bari ha ritenuto che il datore di lavoro non avesse posto in essere alcun accomodamento ragionevole per consentire al lavoratore di continuare a svolgere la propria attività lavorativa, essendosi limitato ad affermare l’impossibilità di adibirlo ad altre mansioni.
In particolare, il Tribunale ha ritenuto irrilevanti le affermazioni del datore di lavoro circa la “incapacità del ricorrente a svolgere le mansioni amministrative” posto che non ha dimostrato di aver provveduto a fornirgli una adeguata formazione per lo svolgimento della nuova mansione.
Dalla pronuncia del Tribunale di Bari deriva, quindi, che la formazione del dipendente in vista dello svolgimento di una diversa mansione è elemento qualificante degli accomodamenti ragionevoli a cui il datore si deve determinare, in presenza di mansioni alternative, prima di poter licenziare per sopravvenuta inidoneità il dipendente afflitto da una condizione di disabilità.
Solo dopo la fase formativa, se permane l’incapacità anche rispetto alle altre mansioni disponibili in azienda, risulta soddisfatto quello sforzo di tipo propositivo, fondato sul principio di solidarietà, gravante sul datore di lavoro.
Conseguentemente, il Tribunale, ritenendo che il datore di lavoro si fosse reso del tutto inadempiente rispetto alla normativa sui ragionevoli accomodamenti, ha accolto il ricorso del lavoratore e dichiarato illegittimo il licenziamento, ordinando la reintegra nel posto di lavoro.
Gli avvocati dello Studio Dedoni sono a disposizione per ogni consulenza e gestione del caso concreto.
Dopo aver conseguito la maturità classica, nel settembre 2022 si è laureata in Giurisprudenza presso l’Università degli studi di Cagliari riportando la votazione di 110/110 e lode, con una tesi in diritto del
lavoro dal titolo “L’indebito retributivo nel pubblico impiego privatizzato”.
Nel corso degli studi ha approfondito le proprie conoscenze, in particolare, in materia di diritto del lavoro, pubblico e privato, e
in materia di previdenza sociale. Da novembre 2022 collabora con lo Studio Legale Dedoni, dove svolge la pratica forense.