Green Pass: dal 15 ottobre 2021 sarà obbligatorio per tutti i lavoratori pubblici e privati

Il Consiglio dei Ministri ha approvato il testo pressochè definitivo del disegno di decreto legge avente ad oggetto l’introduzione dell’obbligo di certificazione verde (cd Green pass) per l’accesso ai luoghi di lavoro sia per il personale pubblico che privato.

La disciplina per il settore pubblico differisce, sotto alcuni aspetti, da quella del settore privato. Il testo legislativo introduce una serie di disposizioni nel precedente Decreto Legge n. 52/2021, convertito con modificazioni dalla L. n. 87/2021, con il quale è stato introdotto l’obbligo del possesso del green pass per il settore scolastico nonché per l’accesso ai luoghi di cui all’art. 9 bis e s.s. DL 52/2021, così come modificato dal DL 111/2021, per la cui analisi si rimanda ai precedenti contributi già pubblicati sul blog dello Studio (dal 6 agosto green pass obbligatorio per accedere a lavoro e accesso alle mense aziendali con greenpass).

A differenza di chi svolge professioni sanitarie che ha l’obbligo di sottoporsi a vaccinazione, il legislatore ha ritenuto di non imporre l’obbligo di vaccinazione  quanto piuttosto, il ricorso alla certificazione verde, che come noto, viene concessa non soltanto ai soggetti che hanno completato il ciclo vaccinale ma anche a coloro i quali risultino immunizzati dopo aver contratto il virus e nelle ipotesi di tampone antigenico rapido o molecolare con esito negativo, seppure con efficacia temporale limitata alle 48 ore successive all’esecuzione del test molecolare.

Green Pass per i lavoratori del settore pubblico

Il disegno di legge introduce, l’art. 1, il nuovo art. 9 quinquies del DL n. 52/2021, convertito con Legge n. 87/2021, il quale espressamente prevede, con decorrenza dal 15 ottobre 2021 e fino al 31 dicembre 2021, in corrispondenza della cessazione dello stato di emergenza, l’obbligo del possesso e di esibizione, su richiesta, della certificazione verde ex art. 9 DL 52/2021, in capo a tutto il personale dipendente delle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, c. 2 dlgs n. 165/2001, ferme le esenzioni per motivi di salute e l’obbligatorietà della vaccinazione prevista dagli art. 4 e 4bis DL 44/2021, prevista per il personale sanitario.

La norma trova applicazione anche nei confronti di tutti i soggetti che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa, o formativa, o di volontariato presso le amministrazioni pubbliche.

Il comma 3 dell’art. 9 prevede che il controllo debba essere effettuato dai datori di lavoro pubblici non soltanto con riferimento al proprio personale ma anche al personale non dipendente che comunque operi presso le amministrazioni pubbliche. Tale attività di verifica si aggiunge ma non si sostituisce a quella dei datori di lavoro del personale impiegato nelle amministrazioni pubbliche ma non dipendente delle stesse, i quali dovranno comunque procedere al controllo del possesso del green pass.

Ai sensi del comma 5 dell’art. 9 bis, le amministrazioni pubbliche datrici di lavoro, entro il 15 ottobre 2021, organizzano le attività di verifica del possesso del green pass, individuando con atto formale i soggetti incaricati delle verifiche in concreto, possibilmente all’ingresso del luogo di lavoro e secondo le modalità tecniche previste con DPCM ex art. 9, c. 10 DL 52/2021.

Il comma 6 regolamenta la posizione dei lavoratori che non siano in possesso del green pass: il lavoratore è considerato assente ingiustificato e, con decorrenza dal quinto giorno di assenza ingiustificata, il rapporto di lavoro è sospeso fino alla presentazione della certificazione e, comunque, fino alla data del 31 dicembre 2021. Per i periodi di assenza ingiustificata e di sospensione del rapporto di lavoro, non è dovuta né la retribuzione né altro compenso o altro emolumento, esclusa ogni altra conseguenza disciplinare e con diritto alla conservazione del posto di lavoro.

Il legislatore ha dunque operato una deroga all’art. 54 quater d.lgs. n. 165/2001 il quale prevede che le assenze ingiustificate oltre i 3 giorni anche non continuativi nel biennio e oltre i 7 giorni nell’arco dei dieci anni siano punite con il licenziamento disciplinare.

La violazione, da parte del datore di lavoro, delle disposizioni di cui al comma 4 (obbligo di verifica), del comma 5 (omessa adozione delle misure organizzative dell’attività di verifica), nonché del comma 7, (ovvero il consenso all’accesso ai luoghi di lavoro del personale in assenza della certificazione verde) sono punite con la sanzione amministrativa da € 600,00 a € 1.500,00, ferme le conseguenze disciplinari previste per i rispettivi ordinamenti per gli autori materiali della violazione amministrativa. La norma è chiara nello stabilire che la sanzione amministrativa si applichi al datore di lavoro pubblico anche in caso di omessa verifica nei confronti del personale non dipendente della pubblica amministrazione.

Green pass per i lavoratori del settore privato

L’art. 3 della bozza di decreto legislativo introduce l’art. 9 septies al DL n. 52/2021, che riproduce, nella sostanza, la stessa disciplina vista per i dipendenti pubblici.

L’unica differenza, riguarda le conseguenze per il lavoratore del mancato possesso della certificazione verde.

In particolare, il comma 6 stabilisce che il lavoratore sprovvisto dalla certificazione verde è sospeso dalla prestazione lavorativa sin dal primo giorno, senza dunque il periodo di assenza ingiustificata dei cinque giorni prevista per il dipendente pubblico, ferma la sospensione della retribuzione e di ogni altro compenso o emolumento, comunque denominato.

In sostanza, dunque, il dipendente privato mantiene il diritto alla conservazione del posto di lavoro e non ha altre conseguenze disciplinari.

Deve rilevarsi che la scelta delle parole operate dal legislatore si riserva evidentemente infelice, posto che, a differenza del lavoro pubblico, dove espressamente si parla di sospensione del rapporto di lavoro, nel caso del settore privato, la sospensione riguarda espressamente la prestazione lavorativa. Da ciò, evidentemente, derivano diverse conseguenze in relazione alla gestione del rapporto di lavoro. Per esempio, non vengono meno gli altri obblighi tipici in capo al datore di lavoro e al lavoratore come, per esempio, la maturazione degli istituti indiretti della retribuzione o, ad esempio, l’obbligo del lavoratore che, per ipotesi, si ammali durante la sospensione dalla prestazione lavorativa. Non verrebbero neppure meno, per ipotesi, gli obblighi contributivi e assicurativi.

A meno che non si intenda che la locuzione “sospensione dalla prestazione lavorativa” non debba intendersi in senso atecnico e cioè quale “sospensione del rapporto di lavoro”, è opportuno usare particolare cautela sotto questo profilo, in attesa dei chiarimenti degli Enti previdenziali e dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro sul punto, all’indomani della pubblicazione in gazzetta.

Di difficile lettura è, invece, il comma 7 dell’art. 9 septies e se non sarà modificato in sede di approvazione porterà non poche criticità.

Al primo periodo della disposizione in commento è previsto che la sospensione dalla prestazione lavorativa è efficace fino alla presentazione della certificazione verde e, comunque, fino al 31 dicembre 2021. Il secondo periodo del comma 7, invece, afferma che, decorsi cinque giorni dalla mancata presentazione della certificazione verde, il datore di lavoro con meno di quindici dipendenti, può sospendere il lavoratore per la durata corrispondente a quella del contratto di lavoro stipulato per la sostituzione, comunque per un periodo non superiore a 10 giorni e comunque non oltre il predetto termine del 31 dicembre 2021.

La disposizione parrebbe introdurre una deroga alla durata della sospensione, nel senso che la sospensione non può essere superiore a dieci giorni nel caso in cui il datore di lavoro abbia assunto con contratto a termine per la sostituzione del dipendente sospeso. Non solo, la sospensione parrebbe potersi applicare soltanto decorsi 5 giorni dal perdurare dell’assenza della certificazione verde.

Le problematiche derivanti da tale disposizione sono numerose. In primo luogo, per i datori di lavoro con meno di quindici dipendenti, il legislatore non regolamenta le conseguenze dell’assenza del green pass nei primi 5 giorni dalla verifica.

A differenza del settore pubblico, dove espressamente i primi 5 giorni sono considerati assenza ingiustificata, ma senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del posto, nel caso del datore di lavoro con meno di quindici dipendenti, rimane unicamente fermo l’obbligo per il dipendente di possedere ed esibire la certificazione verde e per il datore di lavoro il divieto di consentire l’accesso al lavoratore sul luogo di lavoro in assenza di green pass.

Come deve essere dunque gestito l’impedimento del lavoratore a prestare la propria attività lavorativa nei primi 5 giorni dall’omessa esibizione della certificazione verde?

Sarebbe forse opportuno fare ricorso a istituti alternativi quale il godimento di ferie e/o permessi non ancora goduti ovvero, il ricorso alla sospensione dalla prestazione lavorativa, per impossibilità temporanea a ricevere la prestazione, fatto salvo il diritto del dipendente al mantenimento della retribuzione per i giorni di assenza o, in alternativa, adibire il lavoratore ad altre mansioni, ove possibile.

La sospensione della retribuzione, per il periodo suddetto, pare a una prima valutazione, ipotesi certamente praticabile ma con alcune cautele, posto che la scelta di sospendere il lavoratore è, di fatto, frutto di una scelta del datore di lavoro che deve garantire il rispetto delle norme a tutela della salute dei propri dipendenti.

La formulazione della norma si presta ad ulteriori critiche perché la sospensione è qualificata come facoltà e non come obbligo del datore di lavoro con meno di quindici dipendenti.

Ed infatti si ritiene, che nel caso in cui il datore di lavoro scelga di non sospendere il dipendente che non possieda il green pass all’atto dell’accesso sul luogo di lavoro non può ritenerlo assente ingiustificato tout court, posto che il mancato accesso sul luogo di lavoro non deriva dall’omessa presenza del dipendente sul luogo di lavoro quanto, piuttosto, all’impossibilità per il datore di lavoro di farlo accedere alla sede di lavoro in ragione del divieto stabilito dall’art. 9 septies qui in commento.

Lo stesso tipo di argomentazioni possono valere, nel caso in cui, all’undicesimo giorno, essendo cessata la facoltà di sospendere il dipendente, il lavoratore non ancora in possesso del green pass, si presenti al lavoro.

Il datore di lavoro si troverebbe infatti nella situazione da un lato, di non poter consentire l’accesso del dipendente in assenza di green pass e, dall’altro, di non poterne ulteriormente disporre la sospensione secondo quanto previsto dall’art. 9 septies c. 6.

Si auspica, pertanto, un intervento del legislatore anche prima della pubblicazione del decreto e, comunque, entro il termine del 15 ottobre 2021.

Obbligo di Green Pass per gli operatori del settore della giustizia

Appare opportuno in questa sede soffermarsi brevemente sulla disciplina dell’obbligo del possesso di certificazione verde nel settore della giustizia.

Il legislatore estende l’obbligatorietà della certificazione ai fini dell’accesso agli uffici giudiziari, in capo alla magistratura ordinaria, amministrativa, contabile e militare, all’avvocatura di stato e ai componenti delle commissioni tributarie.

Rispetto agli altri settori pubblici, il legislatore ha inteso attuare una disciplina ben più rigorosa.

In particolare, è prevista la rilevanza disciplinare dell’omesso possesso della certificazione verde, la quale vale come assenza ingiustificata rilevante ai fini della decadenza dall’impiego ex art. 127, c. 1, lett. c) DPR n. 3/1957. Allo stesso modo è regolamentata la posizione del magistrato onorario, la cui sospensione non eccedere la durata di 30 giorni, pena la revoca dell’incarico ex art. 21 d.lgs. n. 116/2017.

Gli avvocati del lavoro dello Studio Legale Dedoni sono a disposizione per valutare ogni singolo caso.

Avv. Ivano Veroni  mail: ivano.veroni@studiolegalededoni.it

L’avvocato Ivano Veroni collabora con lo studio Dedoni dall’anno 2011.
Durante l’esercizio della professione, l’Avvocato Veroni ha maturato specifiche competenze nel settore del Diritto del Lavoro e nel Diritto Civile, con particolare attenzione alla materia condominiale.