Fallimento di una parte nel corso del processo.

Il termine per la riassunzione decorre dal momento della dichiarazione giudiziale dell’interruzione.

Il termine per la riassunzione di un processo, interrotto a seguito della declaratoria di fallimento o dell’apertura della liquidazione giudiziale, decorrere dal momento in cui la dichiarazione giudiziale di interruzione sia portata a conoscenza di ciascuna parte, perché pronunciata in udienza o perché formalmente notificata e/o comunicata.

Questo il principio espresso dal Tribunale di Roma con la recente Sentenza n.12127/2023, pubblicata in data 7 agosto 2023, che ha ritenuto far decorrere il termine di tre mesi per la riassunzione del procedimento dalla data dichiarazione giudiziale della intervenuta interruzione pronunciata in udienza, nonostante il fallimento fosse a conoscenza della pendenza del procedimento di merito da oltre tre mesi dall’avvenuta riassunzione.

Fallimento di una parte nel corso del processo. Il termine per la riassunzione decorre dal momento della dichiarazione giudiziale dell’interruzione.

Il caso concreto.

Nel corso di un procedimento di opposizione agli atti esecutivi, promosso dalla società debitrice nei confronti del creditore procedente e del terzo pignorato, avente ad oggetto la revoca dell’ordinanza di assegnazione, la società debitrice è stata dichiarata fallita dal Tribunale di Roma con Sentenza in data 24 gennaio 2019.

In data 19 marzo 2019, il Giudice del Tribunale di Roma dichiarava in udienza l’interruzione del processo e in data 12 giugno 2019, il debitore opponente provvedeva alla riassunzione del procedimento di merito.

Lo Studio nell’interesse del creditore procedente, ha eccepito l’estinzione del procedimento per mancata riassunzione del processo nel termine di tre mesi previsto dall’art.305 c.p.c. decorrenti dal momento in cui il Fallimento è venuto effettivamente a conoscenza della pendenza del procedimento.

La posizione assunta dallo studio.

Lo Studio, nonostante la riassunzione del procedimento fosse intervenuta entro il termine di tre mesi dalla dichiarazione giudiziale dell’interruzione del processo, ha insistito nella propria eccezione di estinzione ritenendo che il termine per la riassunzione, a carico del curatore, dovesse cominciare a decorrere dalla data in cui il Fallimento ha avuto conoscenza effettiva della pendenza del procedimento, richiamando in tal senso l’orientamento più recente della Cassazione che ha precisato che «In caso d’interruzione del processo determinata, ai sensi della l. Fall., art. 43, comma 3, dalla dichiarazione di fallimento di una delle parti, il termine per la riassunzione non decorre dalla data dell’evento interruttivo, ma da quella in cui la parte interessata ne ha avuto conoscenza legale, per tale dovendosi intendere quella acquisita non già in via di mero fatto, ma attraverso una dichiarazione, notificazione o certificazione rappresentativa dell’evento stesso, assistita da fede privilegiata.» (Cassazione civile sez. lav., 08/04/2021, n.9370).

In riferimento alla posizione del curatore del Fallimento, che è ipso iure a conoscenza dell’apertura della procedura, il termine di tre mesi per la riassunzione sarebbe dovuto infatti decorrere dalla data in cui il medesimo curatore ha avuto conoscenza legale della pendenza del procedimento (Cassazione civile sez. lav., 07/03/2013, n.5650), (Corte appello Milano sez. II, 22/10/2018, n.4557), che, nel caso concreto, corrisponde alla data del 6 febbraio 2019, ovvero alla data in cui al curatore del Fallimento della società debitrice è stata concessa e comunicata dalla cancelleria l’autorizzazione alla consultazione del Fascicolo telematico a seguito di formale istanza di accesso agli atti.

Facendo decorrere il termine per la riassunzione dalla data in cui il curatore aveva avuto effettiva conoscenza dell’interruzione era evidente la tardività della riassunzione poiché, alla data della riassunzione, avvenuta con atto depositato in data 12 giugno 2019, il termine dei tre mesi decorrente dal 6 febbraio 2019, era ampiamente perento essendo decorsi più di quattro mesi dal dies a quo.

Ai sensi dell’art.305 e dell’art.307 c.p.c., pertanto, lo studio ha insistito affinché il processo fosse dichiarato estinto per mancata riassunzione nel termine di legge.

La decisione del Tribunale di Roma.

Nelle more del procedimento di merito, in ragione dei diversi contrasti registrati in seno alla giurisprudenza, è intervenuta la Sezione Unite della Cassazione che ha mutato l’indirizzo seguito dallo Studio, ancorando la decorrenza del termine per la riassunzione a criteri strettamente formali.

Il Tribunale di Roma ha così aderito all’orientamento della Cassazione di cui alla Sentenza n.12154 del 7.5.2021, riassunta nella massima: «In caso di apertura del fallimento, l’interruzione del processo è automatica ai sensi dell’art. 43, comma 3, l. fall., ma il termine per la relativa riassunzione o prosecuzione, per evitare gli effetti di estinzione di cui all’art. 305 c.p.c. e al di fuori delle ipotesi di improcedibilità ai sensi degli artt. 52 e 93 l. fall. per le domande di credito, decorre dal momento in cui la dichiarazione giudiziale dell’interruzione stessa sia portata a conoscenza di ciascuna parte; tale dichiarazione, qualora non già conosciuta in ragione della sua pronuncia in udienza ai sensi dell’art. 176, comma 2, c.p.c., va notificata alle parti o al curatore da uno degli interessati o comunque comunicata dall’ufficio giudiziario.».

Ai fini della decorrenza del termine per la riassunzione del processo, è pertanto indispensabile la dichiarazione di interruzione e la circostanza che questa sia portata a conoscenza di ciascuna delle parti mediante dichiarazione resa in udienza o notificata dalle parti o comunicata a cura della cancelleria.

È superato così il precedente orientamento per cui il termine per la riassunzione decorreva dal momento in cui la parte è venuta a conoscenza dell’evento interruttivo del processo e della pendenza dello stesso, indipendentemente da una dichiarazione giudiziale di interruzione del processo, e si chiede ad oggi un maggior rigore formale ovvero una dichiarazione giudiziale che dichiari interrotto il processo.

Lo Studio Legale Dedoni è a disposizione per ogni consulenza e gestione del caso concreto.

Nato a Cagliari il 14 novembre 1973, è iscritto all’Albo presso il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Cagliari dal 24 ottobre 2005 e collabora con lo Studio Legale Dedoni sin dal 2002.