Nullo il contratto sottoscritto solo dal cliente

La decisione della Corte di legittimità si pone come una novità in tema della validità del c.d. contratto “monofirma” e in netto contrasto con il precedente orientamento di cui alla nota sentenza n.4564/2012 del 22 marzo 2012, che viene peraltro anche richiamata dalla Corte di Cassazione, per cui il contratto, anche se sottoscritto dal solo cliente, si riteneva valido ed efficace tra le parti in quanto era ragionevole affermare che la sottoscrizione della “dichiarazione di consegna di una copia del contratto” da parte del cliente facesse presumere la sottoscrizione della banca, nonché sul ragionamento per cui ai fini del perfezionamento del contratto non è necessaria la simultanea sottoscrizione delle parti.

Peraltro, dopo la sentenza n.4564/2012 della Corte di Cassazione, non sono mancate delle prese di posizioni differenti da parte della giurisprudenza di merito, tra cui si cita il Tribunale di Napoli con la sentenza n.1077 del 22.1.2015 per cui «è nullo per mancanza di forma “ad substantia” il contratto bancario predisposto unilateralmente dalla banca in forma scritta, privo della sottoscrizione della banca medesima e recante la sola sottoscrizione del cliente; né ha alcuna rilevanza la sua intervenuta esecuzione, essendo inammissibile la convalida del contratto nullo ex art.1423 c.c., con la conseguenza che dalla nullità del contratto dovrà conseguire la nullità delle singole operazioni poste in essere in esecuzione del negozio invalido, ripetizione delle somme versate del cliente» e il Tribunale di Reggio Emilia, sez. II, sentenza n.1163 del 25.8.2015: «Ai sensi del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 117, nei casi di inosservanza della forma prescritta ad substantiam, il contratto è nullo (nullità formale e insanabile, rilevabile dal Giudice anche d’ufficio ma solo nell’interesse del cliente, avendo la norma citata finalità di protezione del contraente debole), la manifestazione della volontà di uno dei contraenti (nella specie, la mancata sottoscrizione di un funzionario della Banca che attesti la formale accettazione da parte dell’istituto di credito), non può essere sostituita dalla dichiarazione confessoria dell’altra parte, potendo la confessione supplire unicamente la carenza di forma scritta ad probationem. Priva di rilievo è la circostanza che il correntista, effettuando nel tempo prelievi e versamenti e beneficiando degli affidamenti concessi su entrambi i conti correnti, avrebbe dimostrato di voler dare esecuzione ai contratti di cui contesta la validità in questa sede, atteso che il contratto nullo non è in alcun modo suscettibile di convalida (art. 1423 c.c.). Dalla nullità dei contratti di conto corrente consegue la non debenza delle somme addebitate a carico del correntista a titolo di interessi superiori al tasso legale, di commissioni e spese dovute in forza delle previsioni contrattuali nulle. Configurandosi l’azione proposta dal correntista come ripetizione d’indebito ex art. 2033 c.c., soggetta all’ordinario termine prescrizionale decennale previsto dall’art. 2946 c.c. che decorre dalla data dei singoli addebiti sul conto corrente, la distinzione fra versamenti con funzione ripristinatoria della provvista e versamenti con funzione solutoria non appare applicabile alla fattispecie ove si consideri che, in difetto di un rapporto contrattuale valido ed efficace, i versamenti effettuati dal correntista non possono che avere natura di veri e propri pagamenti (appunto, sine titulo), né a essi è applicabile quanto previsto dall’art. 117, comma 7, TUB, che non può trovare applicazione al di fuori delle specifiche situazioni nella stessa contemplate.»

Nato a Cagliari il 14 novembre 1973, è iscritto all’Albo presso il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Cagliari dal 24 ottobre 2005 e collabora con lo Studio Legale Dedoni sin dal 2002.