La prova del licenziamento orale spetta al lavoratore

Con Sentenza n. 3822/2019 del 8 febbraio 2019, la Corte di Cassazione ha definitivamente precisato i contorni dell’onere probatorio del lavoratore e del datore di lavoro allorquando si controverta sull’impugnazione di un licenziamento intimato oralmente.

In particolare, secondo gli Ermellini, “..in punto di ripartizione dell’onere probatorio in caso di dedotto licenziamento orale, la prova gravante sul lavoratore circa la estromissione dal rapporto non coincide tout court con il fatto della cessazione del rapporto di lavoro, ma con un atto datoriale consapevolmente volto ad espellere il lavoratore dal circuito produttivo. Dal punto di vista strutturale il licenziamento è atto unilaterale con cui il datore di lavoro dichiara al lavoratore la volontà di estinguere il rapporto di lavoro, esercitando il potere di recesso. Chi impugna un licenziamento deducendo che esso si è realizzato senza il rispetto della forma prescritta ha l’onere di provare, oltre la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, il fatto costitutivo della sua domanda, rappresentato dalla manifestazione di detta volontà datoriale, anche se realizzata con comportamenti concludenti. Tale identificazione del fatto costitutivo della domanda del lavoratore prescinde dalle difese del convenuto datore di lavoro, anche perché questi può risultare contumace, ed il conseguente onere probatorio è ripartito sulla base del fondamentale canone dettato dall’art. 2697, c. 1 c.c…Non ha riscontro normativo la tesi secondo la quale il lavoratore possa limitarsi a una mera allegazione della circostanza dell’intervenuto licenziamento, obbligando il datore di lavoro a fornire l’estinzione del rapporto sia dovuta ad altra causa, perché in tal caso si realizzerebbe una inversione dell’onere dell’onere probatorio non prevista dall’ordinamento”.

La Sentenza in commento è particolarmente interessante perché chiarisce che la cessazione di un rapporto di lavoro, soprattutto nei casi di assenza di formalizzazione, non può qualificarsi presuntivamente come licenziamento, onerando dunque il datore di lavoro di fornire la prova contraria di altro e diverso evento estintivo come la risoluzione consensuale o le dimissioni. La prova della qualificazione in termini di licenziamento della cessazione del rapporto di lavoro grava dunque sul lavoratore, che può ricorrere anche ad elementi presuntivi ai fini del raggiungimento della prova, ma che, comunque, non può sottrarsi a tale incombente istruttorio.

La Corte di Cassazione, incidentalmente, affronta anche le conseguenze della cessazione del rapporto di lavoro qualificata come dimissioni del lavoratore affermando che “fermi gli eventuali vincoli di forma stabiliti per l’atto delle dimissioni dalla legislazione pro tempore vigente, l’accertamento del significato di una dichiarazione o di un comportamento del lavoratore cui si attribuisca la valenza di un recesso dovrà essere condotto tenuto conto di tutte le circostanze in cui la risoluzione si è verificata, delle condizioni di interesse di ciascuna delle parti alla prosecuzione del rapporto ovvero alla sua estinzione, della diversità di poteri e di facoltà attribuiti ai contraenti nel rapporto di lavoro”.

In sostanza, qualora si accerti che non si tratta di un licenziamento ma di dimissioni rassegnate con modalità diverse da quelle previste dalla legge, la Cassazione suggerisce indirettamente che la tutela non è quella indennitaria dell’art. 18 Statuto Lavoratori o dell’art. 2 d.lgs. n. 23/2015, ma quella di “diritto comune” conseguente a un atto inefficace e quindi improduttivo di effetti sul rapporto di lavoro, con conseguente diritto del lavoratore alla ripresa dell’attività lavorativa e a un’eventuale risarcimento del danno parametrato alle retribuzioni medio tempore non percepite, danno che però non è in re ipsa ma soggetto alle normali regole di allegazione e prova.

 

 

Avv. Ivano Veroni

mail: ivano.veroni@studiolegalededoni.it

L’avvocato Ivano Veroni collabora con lo studio Dedoni dall’anno 2011.
Durante l’esercizio della professione, l’Avvocato Veroni ha maturato specifiche competenze nel settore del Diritto del Lavoro e del Diritto Amministrativo.
E’ docente di diritto del lavoro per l’ANCI Sardegna e per l’IFEL.
Nell’anno 2022 ha ricoperto il ruolo di componente della Sottocommissione per la formazione in diritto del lavoro nel Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Cagliari ed è relatore in materia di diritto del lavoro nei convegni organizzati dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Cagliari.