I sistemi di videosorveglianza del datore di lavoro. Accertamento della condotta illecita del lavoratore.

L’ORDINANZA N.8375/2023 DELLA CASSAZIONE.

Con l’ordinanza n. 8375, pubblicata il 23 marzo 2023, la Corte di Cassazione ha ritenuto pienamente legittima la sanzione disciplinare comminata dal datore di lavoro venuto a conoscenza dei fatti commessi dal dipendente grazie ai i sistemi di videosorveglianza delle telecamere installate nell’istituto scolastico sede di lavoro.

I controlli a distanza dei lavoratori: il divieto dell’utilizzo dei sistmi di videosorveglianza nei luoghi di lavoro.

L’Art. 4 dello statuto dei lavoratori.

L’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, la Legge 300/1970, nella sua formulazione originaria, al fine di tutelare la dignità e la privacy della persona del lavoratore, poneva un divieto assoluto, in capo al datore di lavoro, di utilizzo di impianti audiovisivi o altre apparecchiature tecnologiche di videosorveglianza che avessero una mera finalità di controllo dell’esecuzione della prestazione di lavoro dei dipendenti.

Tuttavia, nell’ottica di un ragionevole bilanciamento tra la tutela dei lavoratori e l’interesse del datore di lavoro alla sicurezza e protezione della propria attività economica, era consentita all’imprenditore l’installazione di strumenti dai quali potesse derivare, anche indirettamente, un controllo a distanza, ma esclusivamente nel caso in cui ricorressero “esigenze organizzative e produttive” e/o legate alla “sicurezza sul lavoro”, e in ogni caso le riprese così effettuate non potevano essere utilizzate a fini disciplinari.

L’art. 4, inoltre, prevedeva, e prevede, un’articolata procedura garantista per l’installazione di “impianti audiovisivi o altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori”, che richiede il previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria (RSU) o dalle rappresentanze sindacali aziendali (RSA).
In mancanza di accordo, gli impianti di videosorveglianza possono essere installati previa autorizzazione delle sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro o, a seconda della grandezza dell’impresa, della sede centrale dell’Ispettorato nazionale del lavoro.

I controlli a distanza dei lavoratori: il job act e l’utilizzo dei sistemi di videosorveglianza a “scopi difensivi” del patrimonio aziendale.

Il D.Lgs. 151/2015, attuativo del c.d. Jobs Act, ha eliminato quel divieto generale contenuto nel primo comma dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori.

Ferma restando la procedura di accordo prevista per l’installazione degli strumenti di videosorveglianza dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, e fermo il principio per cui tali strumenti possono essere impiegati solo per finalità legate alle esigenze organizzative e produttive ovvero alla sicurezza sul lavoro, è stata aggiunta l’esigenza di tutela del patrimonio aziendale.

Tale modifica, in apparenza banale, ha comportato la possibilità di far rientrare nell’ambito di applicazione dell’art. 4 dello Statuto anche i c.d. “controlli difensivi”, una categoria di creazione giurisprudenziale che ricomprende i controlli aventi ad oggetto non l’esatto adempimento della prestazione di lavoro discendente dal contratto, bensì gli eventuali comportamenti illeciti dei lavoratori e lesivi del patrimonio edell’immagine aziendale.

L’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori al suo comma 3, nella sua nuova formulazione, prevede che le informazioni ottenute mediante gli strumenti di controllo sono utilizzabilia tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli” e comunque nel rispetto di quanto previsto dal Codice della Privacy, atteso che, seppure installati per una delle motivazioni previste dallo Statuto, da tali apparecchiature può comunque derivare una possibilità di controllo dell’attività dei lavoratori.

In punto di controlli a scopi difensivi, dunque, la Suprema Corte di Cassazione si è generalmente espressa in termini positivi ritenendo prevalente l’interesse pubblico alla prevenzione e all’accertamento dei reati.

A seguito della modifica dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, i controlli mediante impianti audiovisivi e apparecchiature di videosorveglianza possono, quindi, avere ad oggetto anche i comportamenti posti in essere dal lavoratore sul luogo di lavoro, quando tali comportamenti si caratterizzano come illeciti o comunque siano lesivi del patrimonio o dell’immagine aziendale.

Di conseguenza, i risultati delle videoriprese delle telecamere installate nei luoghi di lavoro potranno essere utilizzati sia ai fini di una contestazione disciplinare a carico del lavoratore, sia come mezzo di prova in sede di vertenze di lavoro, ovvero penali per i casi di condotte penalmente rilevanti.

Va ribadito che, se sono consentiti i controlli diretti ad accertare le condotte illecite dei lavoratori, resta vietato al datore di lavoro l’utilizzo delle apparecchiature di videosorveglianza, pure installate nel rispetto della procedura prevista, per controllare, direttamente o indirettamente, l’esecuzione della prestazione di lavoro dei propri dipendenti.

L’ordinanza della cassazione civile n. 8375/2023. Il caso concreto affrontato

La leggitimità della sanzione

Con ordinanza n. 8375/2023, la Cassazione Civile, sezione Lavoro, ha respinto il ricorso presentato da un lavoratore al quale era stata contestata, e successivamente sanzionata, una condotta che il datore di lavoro aveva potuto accertare grazie alle telecamere installate sul luogo di lavoro, nel caso concreto un istituto scolastico.

Il datore di lavoro aveva comminato la sanzione della sospensione dal servizio e dalla retribuzione per dieci giorni ad un educatore professionale che aveva afferrato uno studente per la maglietta e, lasciando la presa a fronte della resistenza opposta dall’alunno, ne aveva provocato la caduta.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in commento, conferma la pronuncia della Corte d’Appello, davanti alla quale il lavoratore aveva impugnato la sanzione, che aveva ritenuto legittima la procedura disciplinare seguita dal datore di lavoro, venuto a conoscenza della vicenda grazie alle registrazioni effettuate dalle telecamere di sicurezza installate nell’istituto.

Il lavoratore, in particolare, lamentava l’utilizzazione a fini disciplinari delle riprese del sistema di videosorveglianza, in concreto impiegato, a suo dire, per il controllo dei dipendenti, in violazione dell’art. 4 della L. 300/1970.

Nel caso concreto, la Cassazione ha affermato la legittimità dell’utilizzo delle riprese del sistema di videosorveglianza ai fini della contestazione di un illecito disciplinare, seppure precisando che deve essere accertata la destinazione delle apparecchiature audiovisive ad esigenze di sicurezza, nel caso di specie soddisfatta dall’orientamento delle videocamere verso “spazi accessibili anche a personale non dipendente e non deputati ad accogliere postazioni di lavoro”.

Un’interpretazione particolarmente estensiva dell’ordinanza della Cassazione potrebbe aprire a ritenere legittimo, in generale, l’utilizzo delle registrazioni delle telecamere o, in generale, di ogni apparecchiatura potenzialmente idonea al controllo a distanza, per sanzionare comportamenti rilevanti in sede disciplinare posti in essere dai dipendenti, anche quando detti comportamenti non siano propriamente lesivi del patrimonio aziendale o non realizzino fattispecie delittuose.

Un’apertura in tal senso, tuttavia, allargherebbe eccessivamente le maglie dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori il quale, nonostante le modifiche intervenute, ha mantenuto fermo l’originario intento di tutelare la dignità e la riservatezza della persona del lavoratore vietando alla parte datoriale di operare un controllo a distanza volto meramente a sorvegliare l’attività lavorativa dei dipendenti.

In un’ottica di contemperamento di interessi si può giungere alla conclusione che è legittimo l’utilizzo delle videoregistrazioni per finalità disciplinari, laddove le telecamere siano collocate in luoghi adiacenti a quelli nei quali viene svolta l’attività lavorativa e il loro utilizzo sia finalizzato alla salvaguardia degli utenti e/o clienti, ovvero a preservare i beni aziendali da attività illecite.

Gli avvocati dello Studio Legale Dedoni sono a disposizione per l’analisi e la consulenza in merito a ciascuna singola problematica.

Dopo aver conseguito la maturità classica, nel settembre 2022 si è laureata in Giurisprudenza presso l’Università degli studi di Cagliari riportando la votazione di 110/110 e lode, con una tesi in diritto del
lavoro dal titolo “L’indebito retributivo nel pubblico impiego privatizzato”.

Nel corso degli studi ha approfondito le proprie conoscenze, in particolare, in materia di diritto del lavoro, pubblico e privato, e
in materia di previdenza sociale. Da novembre 2022 collabora con lo Studio Legale Dedoni, dove svolge la pratica forense.