Accertamento del lavoro subordinato. Irrilevanza del vincolo di parentela. Il diritto al risarcimento del danno per l’omissione contributiva.

La Sentenza del Tribunale di Cagliari.

Con la Sentenza n. 695/2024, emessa il 14/05/2024, il Tribunale Civile di Cagliari Sezione Lavoro ha accolto il ricorso proposto dallo Studio riconoscendo l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra un lavoratore da noi assistito e suo fratello, titolare di un’impresa individuale.

Il Giudice del Lavoro di Cagliari ha infatti affermato che il principio, ribadito anche dalla più recente giurisprudenza, secondo cui ai fini dell’accertamento della subordinazione nell’ambito di un rapporto di lavoro deve valutarsi la sussistenza alcuni indici “sintomatici” quali la collaborazione, la continuità della prestazione lavorativa e l’inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale, è applicabile anche in caso di attività svolta da un lavoratore legato da vincolo di parentela al datore di lavoro.

Il Tribunale, nell’accogliere le nostre domande sul punto, ha inoltre esaminato le tutele di cui può godere il lavoratore nelle ipotesi in cui il datore di lavoro ometta di versare i contributi obbligatori all’INPS, considerando, in particolare, il risarcimento del danno in forma specifica ex art. 13 della Legge 338/1962 e in forma generica ai sensi dell’art. 2116, co.2, c.c.

Accertamento del lavoro subordinato. Irrilevanza del vincolo di parentela.          

Il caso affrontato.

Lo Studio ha prestato assistenza ad un lavoratore che lamentava di aver lavorato sin dal 1997 alle dipendenze di una società gestita prima da suo padre e, successivamente, da suo fratello, titolare dell’impresa individuale, senza mai essere stato assunto formalmente sino all’anno 2015, anno in cui il rapporto veniva formalizzato con contratto di lavoro subordinato per poi essere licenziato nel 2017.

Con ricorso ai sensi dell’art. 414 c.p.c., ha adito il Tribunale Civile di Cagliari, sezione Lavoro, per ottenere l’accertamento del rapporto di lavoro subordinato a far data dal 1997 chiedendo la condanna del datore di lavoro al pagamento delle differenze retributive, al versamento presso l’INPS dei contributi obbligatori omessi sino al 2015, nonché al risarcimento del danno derivante dalla mancata contribuzione ai sensi dell’art. 2116 c.c.

Nelle more del giudizio, il ricorrente veniva licenziato per “giustificato motivo oggettivo per riduzione di personale”, pertanto lo Studio con nuovo ricorso impugnava anche il licenziamento in quanto illegittimo e chiedeva inoltre il riconoscimento di un livello di inquadramento superiore rispetto a quello formalmente attribuito.

Il datore di lavoro e cioè il fratello del ricorrente, si costituiva in giudizio affermando che il nostro cliente aveva lavorato presso la ditta di famiglia senza però essere un lavoratore subordinato non avendo né orari né alcun tipo di imposizioni e senza essere soggetto al potere disciplinare tipico del rapporto di lavoro subordinato.
Affermava infatti che solo per spirito di generosità e gratuità, in cambio di occasionali servizi, aveva elargito in favore di suo fratello delle somme di danaro.

Gli indici sintomatici della subordinazione.

Il Giudice del Lavoro di Cagliari, in base alla documentazione prodotta e alle testimonianze rese da altri dipendenti dell’impresa, ha ritenuto provata l’esistenza di un rapporto di lavoro di tipo subordinato.

In particolare, il Giudice ha ricordato che a proposito della qualificazione del rapporto di lavoro in termini di subordinazione è ormai consolidato l’orientamento della Suprema Corte di Cassazione secondo cu “in caso di prestazioni elementari e ripetitive, il criterio rappresentato dall’assoggettamento del prestatore all’esercizio del potere direttivo, organizzativo e disciplinare può non risultare significativo, occorrendo fare ricorso a criteri distintivi sussidiari”.

I criteri sussidiari, utilizzati dal Giudice per accertare l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, oltre al criterio dell’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo e disciplinare di un altro soggetto, nello specifico, sono:

  1. La continuità e la durata del rapporto di lavoro;
  2. Le modalità di erogazione del compenso;
  3. La regolamentazione dell’orario di lavoro;
  4. La presenza di una “pur minima” organizzazione imprenditoriale;
  5. La sussistenza di un effettivo potere di autorganizzazione in capo al prestatore.

In tale valutazione, non rileva di per sé l’assenza di un potere disciplinare o l’assenza di un potere direttivo esercitato in modo continuativo se sono presenti gli altri indici.

Nella Sentenza n. 695/2024 si legge che “la sussistenza dell’elemento della subordinazione nell’ambito di un contratto di lavoro deve essere individuata in ragione di indici sintomatici, che devono essere comprovati sulla base di salde risultanze istruttorie, quali la collaborazione, la continuità della prestazione lavorativa e l’inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale”.

Compiuta in maniera esaustiva l’analisi giurisprudenziale degli indici della subordinazione, il Giudice si sofferma sulla questione se l’esistenza di un rapporto di parentela può modificare il quadro sopra evidenziato.

Il Giudice afferma che il quadro giurisprudenziale sopra esposto “è applicabile anche in caso di attività lavorativa svolta da un lavoratore legato da vincolo di parentela al datore di lavoro, laddove venga ravvisata, come nel caso che ci occupa, l’irrilevanza del vincolo di familiarità rispetto alle concrete modalità della prestazione nel contesto aziendale e sussista la prova rigorosa degli elementi tipici della subordinazione del rapporto”.

Il Tribunale di Cagliari ha quindi accolto il ricorso presentato dallo Studio riconoscendo l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato del nostro cliente alle dipendenze di suo fratello.

Accertamento del lavoro subordinato. Irrilevanza del vincolo di parentela.

Il risarcimento del danno per i contributi inps omessi.

Per tutto il periodo, lungo quasi vent’anni, in cui il ricorrente ha lavorato alle dipendenze prima del padre e poi di suo fratello senza contratto, non sono mai stati versati all’INPS i contributi obbligatori.
Lo studio ha quindi richiesto al Giudice di condannare il datore di lavoro al versamento di tutti i contributi non prescritti, alla costituzione presso l’INPS di una rendita ex art. 13 della Legge 338/1962 per tutti quei contributi che, invece, fossero risultati prescritti e, infine, di condannare il datore al risarcimento del danno ai sensi dell’art. 2116 c.c.

Quanto alla costituzione della rendita vitalizia di cui all’art. 13 della L. 338/1962 il Giudice ha ricordato che il diritto del lavoratore è soggetto all’ordinario termine di prescrizione che decorre dalla data in cui si prescrive il credito contributivo dell’INPS e ciò “indipendentemente dal fatto che il lavoratore sia o meno a conoscenza della omissione contributiva”.

Tuttavia, il lavoratore è comunque tutelato in quanto potrà agire per il risarcimento del danno da omessa contribuzione sia in forma specifica, con il danno che quindi sarà parametrato alla riserva matematica necessaria per costituire la rendita vitalizia, sia in forma generica ai sensi dell’art. 2116, co.2, c.c.

Relativamente al risarcimento del danno ex art. 2116 c.c. che lo Studio ha richiesto a tutela dell’assistito, il Giudice ha ricordato che il primo comma di questa norma prevede che “le prestazioni previdenziali sono dovute al prestatore di lavoro anche quando l’imprenditore non ha versato i contributi” ma sottolinea anche che, ai sensi del secondo comma, qualora le istituzioni di previdenza, cioè l’INPS, per mancata o irregolare costituzione, non sono tenute a corrispondere in tutto o in parte le prestazioni, l’imprenditore è responsabile del danno che ne deriva al lavoratore.

Pertanto, se, come nel nostro caso, l’INPS non può ricevere i contributi in quanto il credito si è estinto per prescrizione, non trova applicazione il co.1 dell’art. 2116 c.c. ma il datore di lavoro è tenuto a risarcire il danno ai sensi del secondo comma della stessa norma.

Il Tribunale Civile di Cagliari, in funzione di Giudice del Lavoro, ha quindi accertato l’omissione contributiva posta in essere dal datore di lavoro consentendo al nostro cliente di poter agire ai sensi dell’art. 2116 c.c. per ottenere il risarcimento del danno.

Gli avvocati dello Studio Dedoni sono a disposizione per ogni consulenza e gestione del caso concreto.

Dopo aver conseguito la maturità classica, nel settembre 2022 si è laureata in Giurisprudenza presso l’Università degli studi di Cagliari riportando la votazione di 110/110 e lode, con una tesi in diritto del
lavoro dal titolo “L’indebito retributivo nel pubblico impiego privatizzato”.

Nel corso degli studi ha approfondito le proprie conoscenze, in particolare, in materia di diritto del lavoro, pubblico e privato, e
in materia di previdenza sociale. Da novembre 2022 collabora con lo Studio Legale Dedoni, dove svolge la pratica forense.