La Corte di Cassazione con sentenza del 5 febbraio 2021 n. 2828 è tornata ad occuparsi della disciplina applicabile al comparto del pubblico impiego privatizzato in tema di TFR e sulla integrale applicazione della disciplina privatistica ai sensi dell’art. 2120 del codice civile.
TFR per i dipendenti pubblici con contratto a tempo determinato: la vicenda
Il Tribunale di Trapani aveva condannato l’INPS a corrispondere ad una dipendente del Ministero della giustizia, il trattamento di fine rapporto per aver prestato l’attività lavorativa dal 2 novembre 2000 al 28 dicembre 2008, in virtù di un contratto a tempo determinato più volte prorogato e successivamente trasformato in contratto a tempo indeterminato mediante la stabilizzazione di cui all’art. 1, comma 519, della L. n. 296 del 2006.
Tale stabilizzazione era intervenuta con previa estinzione del precedente rapporto di lavoro a tempo determinato, perfezionata mediante recesso della dipendente e sottoscrizione di un nuovo contratto a tempo indeterminato con efficacia dal 29 dicembre 2008.
La Corte D’Appello di Palermo aveva negato la tesi dell’INPS che assumeva vi fosse tra i due rapporti di lavoro una continuità giuridica, sottolineando che al contrario vi era stata, nel caso di specie, una successione di rapporti di lavoro con conseguente diritto della lavoratrice a percepire l’importo di TFR computato a seguito dell’estinzione del rapporto di lavoro a tempo determinato.
TFR per i dipendenti pubblici con contratto a tempo determinato: la tesi dell’INPS
L’INPS con un unico motivo di impugnazione ha adito la Corte di Cassazione prospettando l’erroneità dell’applicazione della disciplina privatistica al Comparto del Pubblico Impiego assumendo che, nel caso di specie, vi era stato un nuovo rapporto di lavoro a tempo indeterminato, successivo, senza soluzione di continuità con il rapporto di lavoro precedente a tempo determinato e che, pertanto, il rapporto previdenziale non era venuto meno. Secondo INPS, infatti, non era intercorso alcun lasso temporale dato che il rapporto di lavoro a tempo determinato era cessato il 28 dicembre 2008 e il giorno 29 dicembre 2008 la lavoratrice veniva assunta con contratto a tempo indeterminato, il datore di lavoro era rimasto lo stesso, le mansioni erano le medesime e la prestazione svolta nella stessa sede.
Per la Suprema Corte il motivo non è fondato. Già le Sezioni Unite con la sentenza n. 24280 del 2014 erano intervenute sulla questione della frazionabilità dei rapporti di lavoro e sulle conseguenze in tema di TFR, ponendo in evidenza l’aspetto che a seguito della riforma delle pensioni con la L. n. 335 del 1995, erano stati armonizzati i molteplici trattamenti di fine rapporto dei dipendenti pubblici contrattualizzati assoggettandoli tutti alla disciplina privatistica dettata dall’art. 2120 c.c..
Pertanto essendo la materia già disciplinata a livello normativo, con un preciso collegamento tra erogazione del TFR e la cessazione del rapporto di lavoro, non è consentito interpretare diversamente l’eventuale mancanza di coincidenza tra la fine del rapporto di lavoro e l’estinzione del rapporto previdenziale, qualora questo non si interrompa ma prosegua senza soluzione di continuità in capo allo stesso soggetto.
TFR nel pubblico impiego: la pronuncia della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione in materia quindi di TFR per i dipendenti pubblici, nel richiamare i principi enunciati dalle Sezioni Unite e i precedenti giurisprudenziali di cui alla sentenza n. 5895 del 2020 la quale ha affermato che “L’esigibilità del TFR è ancorata ai medesimi presupposti previsti per il lavoro privato e dunque, alla cessazione giuridica del rapporto di lavoro e non alla cessazione dell’ iscrizione al fondo per il trattamento di fine rapporto, gestito dall’INPS” ha rigettato il ricorso proposto da INPS.
Alla luce di tali considerazioni deve concludersi che in tema di rapporti di lavoro nel settore di Pubblico Impiego così come nei rapporti di lavoro privato, è irrilevante che tali rapporti di lavoro si susseguano mediante continuità temporale e con permanenza dell’iscrizione del dipendente al fondo, in quanto ai fini dell’esigibilità del TFR, assume rilievo la cessazione del servizio tra due rapporti di lavoro anche se in successione temporale e alle dipendenze della stessa amministrazione alla stregua di quanto accade nei rapporti di lavoro privato.
Gli avvocati dello Studio Legale Dedoni sono a disposizione per l’analisi e la consulenza in merito a ciascuna singola problematica.
Avvocato Danila Furnari
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Durante l’esercizio della professione ha maturato specifiche competenze in materia di Diritto Civile e specificamente in materia di Diritto di Famiglia. L’Avvocato Danila Furnari dal 2018 collabora presso lo studio legale Andrea Dedoni ove sta maturando le sue conoscenze in materia di Diritto del Lavoro.