Raiders: lavoratori autonomi o subordinati? L’interpretazione fornita dalla Suprema Corte.

Con la sentenza del 24 gennaio 2020, n.1663, la S.C. si pronuncia sul caso riguardante la disciplina applicabile ai c.d. riders.

La fattispecie concreta ha suscitato dubbi e dibattiti in quanto, trattandosi di dover qualificare i lavoratori come autonomi o come subordinati, sussistevano tratti caratteristici di entrambe le figure.

Così la Corte d’Appello di Torino, nonostante non venisse riconosciuto il vincolo della subordinazione, aveva dichiarato il diritto dei lavoratori appellanti a vedersi riconoscere la retribuzione stabilita per i dipendenti di V livello del CCNL logistica trasporto merci e, quindi, condannava la società datrice di lavoro al pagamento delle differenze retributive.

Il riconoscimento di tale diritto avveniva sulla base dell’individuazione, da parte della Corte distrettuale, di un tertium genus ex art.2 d.lgs. 81/2015, che si verrebbe a interporre tra il rapporto di lavoro subordinato di cui all’art.2094 cod. civ. e la collaborazione coordinata e continuativa.

La conseguenza che più delle altre è degna di nota riguarda il fatto che verrebbero, in questo modo, applicate anche ai c.d. raiders le tutele del lavoro subordinato; non, tuttavia, un’estensione generalizzata, bensì un’applicazione selettiva delle disposizioni per essa approntate, “limitata alle norme riguardanti la sicurezza e l’igiene, la retribuzione diretta e differita, i limiti di orario, le ferie e la previdenza, ma non le norme sul licenziamento”.

La Corte di Cassazione, respingendo il ricorso della ditta datrice di lavoro, ha in parte avallato l’interpretazione del giudice di secondo grado, non condividendo, tuttavia, l’enucleazione e riconduzione al terzo genere.

Infatti, la S.C., in primo luogo ricostruendo la volontà del legislatore, che in quegli anni aveva apportato delle modifiche alla disciplina legislativa, riconosce che questo “ha inteso limitare le possibili conseguenze negative, prevedendo comunque l’applicazione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato a forme di collaborazione, continuativa e personale, realizzate con un’ingerenza funzionale dell’organizzazione predisposta unilateralmente da chi commissiona la prestazione”.

Pertanto, alla luce dell’intervento legislativo, sancisce la Suprema Corte che “si applica la disciplina del lavoro subordinato tutte le volte in cui la prestazione del collaboratore abbia carattere esclusivamente personale e sia svolta in maniera continuativa nel tempo e nelle modalità di esecuzione della prestazione, anche in relazione ai tempi e al luogo di lavoro, siano organizzate dal committente”.

Non, quindi, un terzo genere come enucleato dalla Corte torinese, ma, semplicemente, al verificarsi delle circostanze individuate dall’art.2 del d.lgs. 81/2015, la legge ricollega l’applicazione della disciplina della subordinazione.

In particolare, la Corte, partendo dal presupposto secondo il quale “non ha decisivo senso interrogarsi se tali forme di collaborazione siano collocabili nel campo della subordinazione o dell’autonomia”, afferma che “quando l’etero-organizzazione, accompagnata dalla personalità e dalla continuità della prestazione, è marcata al punto da rendere il collaboratore comparabile al lavoratore subordinato, imponendosi una protezione equivalente”, dovendosi applicare, dunque, l’intera disciplina del lavoro subordinato.

  Andrea Matta

L’Avvocato Andrea Dedoni, è nato a Carbonia il 30 Settembre 1964 ed è iscritto all’albo degli Avvocati della provincia di Cagliari dal 1997.
E’ il titolare dello studio legale Dedoni , coordina, organizza e supervisiona il lavoro di tutti i collaboratori dello studio .

Le competenze dell’Avvocato Dedoni sono il Diritto del Lavoro, il Diritto Civile ed il Diritto Fallimentare. Vanta un’esperienza trentennale nella gestione dei rapporti di lavoro e nel contenzioso nel lavoro: è socio dell’Associazione Giuslavoristi Italiani e dell’Associazione Giuslavoristi Sardi.