Il caso Report: la RAI è un’azienda di proprietà pubblica sottoposta all’applicazione della normativa sul diritto di accesso.

Così ha deciso il TAR del Lazio, Sez. III, con la sentenza n. 7333/2021, depositata il 18 giugno, che ha fatto discutere l’intera categoria dei giornalisti nel mirino del Tribunale Amministrativo.

La vicenda.

La trasmissione televisiva Report a ottobre 2020, ha trasmesso un servizio giornalistico sugli appalti pubblici in Lombardia, dal quale era emerso il coinvolgimento dell’avvocato Andrea Mascetti e di alcuni personaggi della politica. L’avvocato Mascetti aveva ritenuto che nel servizio fossero state riportate notizie false e fuorvianti che avevano determinato una grave lesione dell’immagine e della sua reputazione oltre che del suo studio legale. Al fine di proporre eventuali azioni risarcitorie, l’avvocato Mascetti, inoltrava alla RAI un’istanza di accesso agli atti per conoscere le fonti dalle quali Report aveva ottenuto la notizia: sia documentale, ai sensi della legge n. 241/1990 sul procedimento amministrativo, sia di accesso civico generalizzato, ai sensi del decreto legislativo n. 33/2013, come modificato dal decreto legislativo n. 97/2016.

La richiesta di accesso agli atti dell’avvocato Mascetti e il rifiuto di esibizione dei documenti della RAI.

La richiesta dell’avvocato Mascetti riguardava la visione/consultazione del “materiale informativo necessario per poter promuovere iniziative a tutela del suo buon nome dinanzi alle competenti Autorità giudiziarie e amministrative”. Il materiale oggetto di accesso può essere così suddiviso: “(a) tutte le richieste rivolte dai giornalisti e/o dalla redazione di “Report”, tramite e-mail o con qualsiasi mezzo scritto o orale, a persone fisiche ed enti pubblici (Comuni, Province, ecc.) o privati (fondazioni, società, ecc.), per ottenere informazioni e/o documenti riguardanti la persona dell’avv. Andrea Mascetti e la sua attività professionale e culturale; (b) tutti i documenti e/o le informazioni fornite ai giornalisti e/o alla redazione di “Report” a seguito delle richieste sub a), e in particolare la corrispondenza personale intercorsa tra lo scrivente e soggetti terzi illustrata nella parte finale del servizio”. Inoltre, secondo Mascetti, la RAI avrebbe comunque potuto tutelare le proprie fonti “eventualmente oscurando i dati identificativi delle c.d. “fonti””. La RAI si opponeva all’accesso agli atti e l’avvocato Mascetti impugnava tale diniego nanti il TAR del Lazio.

La tesi della RAI e la motivazione del rifiuto.

Si è costituita in giudizio deducendo in primo luogo l’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse, in quanto non vi era alcun nesso tra quanto richiesto con l’istanza di accesso agli atti e la finalità di eventuali azioni risarcitorie ma essendo evidente il carattere esplorativo dell’istanza avanzata. La Rai ha poi contestato la pretesa riconduzione dell’attività editoriale e giornalistica nella sfera dell’attività di pubblico servizio, affermando che pur essendo concessionaria di un pubblico servizio tale attività non ricomprende l’espletamento dell’opera creativa e intellettuale del giornalista incaricato nel cui ambito rientrerebbero la raccolta, l’elaborazione ovvero il commento delle notizie riportate. La RAI, inoltre, ha sostenuto la sussistenza di una causa di esclusione del diritto di accesso determinata dal segreto professionale ai sensi dell’art. 2, comma 3, L. n. 69/1963 connesso alla libertà di stampa. Infine ha dedotto l’esclusione dall’applicazione della disciplina in tema di accesso civico in quanto società emittente di strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati.

La pronuncia del TAR e l’accoglimento parziale delle richieste dell’avvocato Mascetti.

Il Collegio ha accolto l’eccezione formulata dalla RAI in tema di accesso civico essendo la RAI una società quotata in borsa ed essendo prevista a livello normativo una specifica esclusione.

In merito all’accesso documentale, il TAR, ha affermato l’assoggettamento della RAI al diritto di accesso di cui agli artt. 22 e ss. L. n. 241/1990 sul presupposto normativo che “ai gestori di pubblici servizi, in quanto tale Ente, pur nella sua veste formalmente privatistica di S.p.a. e pur agendo mediante atti di diritto privato, conserva indubbiamente significativi elementi di natura pubblicistica, ravvisabili in particolare: a) nella prevista nomina di numerosi componenti del C.d.A. non già da parte del socio pubblico ma da un organo ad essa gestito. L’azienda, inoltre, è di proprietà pubblica e rappresenta la concessionaria in esclusiva del servizio pubblico radiotelevisivo, sicchè non è revocabile in dubbio la sua riconducibilità di pieno diritto all’ambito della normativa sul diritto di accesso, entro i confini delimitati dall’art. 23 della L. n. 241 del 1990 che, non a caso, menziona tra i soggetti passivi del diritto di accesso, accanto alle pubbliche amministrazioni e agli enti pubblici, anche i gestori di pubblici servizi, nel cui novero va certamente collocata la RAI”.

Profili di criticità della pronuncia del TAR Lazio: la questione è ancora aperta.

La decisione passa al Consiglio di Stato.

La pronuncia del TAR disvela, a torto o a ragione, una commistione tra l’attività di pubblico servizio resa dalla RAI e l’attività svolta dai giornalisti all’interno di una trasmissione messa in onda in un canale televisivo pubblico. Ebbene se da un lato appare coerente che alla RAI si applichi la legge n. 241/1990 sull’accesso documentale, in merito a tutte le attività connesse con l’organizzazione e la gestione del servizio pubblico, non appare del tutto chiara la motivazione del Collegio, in merito all’attività in concreto svolta dal giornalista che realizza l’inchiesta, che non può dirsi di natura amministrativa. Nondimeno è pacifico che nel nostro ordinamento sussista la libertà di stampa tutelata costituzionalmente, e, dunque, in linea di principio, l’attività del giornalista non potrebbe soggiacere al diritto di accesso. Deve per completezza precisarsi che la decisione del TAR è stata impugnata dalla RAI, che allo stato non ha adempiuto alla richiesta, nanti il Consiglio di Stato cui è rimandata ogni statuizione nel merito.

Gli avvocati dello Studio Legale Dedoni sono a disposizione per l’analisi e la consulenza in merito a ciascuna singola problematica.

Avvocato Danila Furnari

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Durante l’esercizio della professione ha maturato specifiche competenze in materia di Diritto Civile e specificamente in materia di Diritto di Famiglia. L’Avvocato Danila Furnari dal 2018 collabora presso lo studio legale Andrea Dedoni ove sta maturando le sue conoscenze in materia di Diritto del Lavoro.