A seguito delle molteplici richieste di chiarimento circa l’obbligo di rispettare il prezzo di vendita delle mascherine chirurgiche al prezzo calmierato imposto dal Governo, affrontiamo le possibili conseguenze a cui sarebbero soggetti i farmacisti per il caso di vendita ad un prezzo superiore.
L’ordinanza n. 11 del 26 aprile 2020 del Commissario Straordinario per l’emergenza COVID-19, Dott. Arcuri, ha stabilito che il prezzo di vendita al consumo di una mascherine chirurgica, dei tipi I, II, e IIR di cui all’allegato all’ordinanza, praticato dai rivenditori finali non può essere superiore ad €0,50 oltre IVA per ciascuna unità.
L’Ordinanza, di immediata efficacia applicativa, ha fatto sorgere dei dubbi, in particolar modo per quelle farmacie e/o parafarmacie che, avendo delle scorte di magazzino di mascherine chirurgiche acquistate precedentemente all’ordinanza ad un prezzo superiore a quello imposto dal Commissario Straordinario, si sono trovate esposte ad una potenziale perdita economica.
La prima norma che deve essere considerata e che prescinde dalla fissazione del prezzo calmierato è quella che sanziona le speculazioni economiche di chi, approfittando dell’emergenza sanitaria e dalla carenza di mascherine chirurgiche sul mercato, ha applicato prezzo di vendita al pubblico, non solo superiore al prezzo imposto dall’Autorità ma addirittura con un ricarico pari a quattro/cinque volte il costo di acquisto.
In questa ipotesi la fattispecie di reato astrattamente configurabile è quella prevista dall’art. 501 bis c.p. “Manovre speculative su merci” il quale prevede che “chiunque, nell’esercizio di qualsiasi attività produttiva o commerciale, compie manovre speculative … su prodotti di prima necessità … in modo atto a determinarne la rarefazione o il rincaro sul mercato interno, è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni e con la multa da 516 a 25.822 euro”.
E’ bene chiarire che non ogni ipotesi speculativa è idonea in concreto a configurare la fattispecie di reato in quanto la condotta illecita dovrebbe avere comunque una rilevanza tale da incidere su un mercato di riferimento ampio, anche se solo territoriale e difficilmente la fattispecie può riferirsi alla condotta posta in essere da una sola farmacia.
Diversa l’ipotesi per la quale più farmacie collocate nello stesso contesto territoriale, per esempio comunale, facciano cartello sul prezzo di vendita.
Passiamo adesso ad analizzare le diverse opzioni che potrebbero configurarsi in relazione al prezzo di vendita delle mascherine imposto dall’Autorità.
La prima ipotesi è quella per la quale le farmacie decidano di non vendere le proprie scorte di mascherine chirurgiche, acquistate ad un prezzo di costo superiore rispetto a quello calmierato, per evitare una perdita economica
Anche in questo caso sarebbe astrattamente configurabile la fattispecie di reato di cui all’art. 501 bis c.p., nei limiti “territoriali” precisati, perché tale condotta potrebbe comportare quel fenomeno di “rarefazione” del prodotto sul mercato preso in considerazione dalla norma.
La seconda ipotesi è quella per la quale le farmacie decidano di vendere le proprie scorte di magazzino di mascherine chirurgiche acquistate fino alla data del 26 aprile u.s., di entrata in vigore dell’ordinanza n. 11/20 del Commissario Straordinario per l’emergenza COVID-19, ad un prezzo superiore ad €. 0,50 oltre iva.
In questo caso la fattispecie di reato astrattamente configurabile è quella disciplinata dall’art. 650 c.p. rubricato “Inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità” il quale prevede che “Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d’ordine pubblico o d’igiene, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a euro 206”.
In questa ipotesi, contrariamente a quella precedente relativa all’art. 501 bis c.p., non ci sono limitazioni circa l’ambito territoriale coinvolto dalla violazione dell’esercente o circa l’aspetto quantitativo del reato in quanto ogni vendita, anche di piccole quantità di mascherine a prezzo superiore a quello imposto, effettuata anche da una sola farmacia, configura l’ipotesi di reato.
Ancora più evidente la responsabilità del farmacista che ponesse in essere una tale condotta, appare in ragione del fatto che, in data 1 maggio u.s., le sigle della distribuzione intermedia e finale del farmaco, delle farmacie e delle parafarmacie, hanno siglato un protocollo d’intesa con il Commissario Straordinario all’Emergenza Covid-19, per risolvere le criticità emerse a seguito dell’Ordinanza n. 11/2020 e legate all’approvvigionamento delle mascherine chirurgiche ad un prezzo di fornitura che consentisse agli operatori la rivendita al consumo al prezzo imposto dall’Autorità, senza subire una perdita.
In forza di tale protocollo d’intesa il Governo garantirà agli operatori del settore, non solo l’approvvigionamento regolare al prezzo di fornitura tale da poter rispettare il prezzo calmierato di vendita al consumo, ma anche un “ristoro” economico per coprire il superiore costo di acquisto delle mascherine chirurgiche giacenti a magazzino acquistate nel periodo compreso tra l’1 aprile 2020 ed il 26 aprile 2020.
Per tale ragione la gravità della condotta del farmacista che si rendesse colpevole di vendite “fuori prezzo” sarebbe ancora più marcata in ragione dell’agevolazione e dei correttivi operati dal governo in relazione all’approvvigionamento e alla esclusione di perdite economiche da parte degli operatori del settore.
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Avv. Alessio Scamonatti mail: alessio.scamonatti@studiolegalededoni.it
L’Avv. Scamonatti, fin dallo svolgimento della pratica forense, ha maturato le sue competenze professionali nel campo del diritto civile, curandone costantemente l’aggiornamento in relazione ai mutamenti legislativi e giurisprudenziali attraverso la partecipazione a specifici corsi di formazione.