La subordinazione di fatto nei rapporti di lavoro con la Pubblica Amministrazione e nei Consorzi di Bonifica.

Con la Sentenza n. 1451/2024, il Tribunale di Cagliari si pronuncia sulle conseguenze dell’accertamento di un rapporto di lavoro subordinato in luogo di contratti di collaborazione coordinata e continuativa a progetto allorquando il datore di lavoro è la Pubblica Amministrazione, ovvero un Consorzio di Bonifica.

Quando un co.co.co. si può considerare lavoro subordinato.

Il contratto di collaborazione coordinata e continuativa ha conosciuto, nel nostro ordinamento, diversi interventi che ne hanno talora ampliato, talora ristretto, l’ambito di applicazione e gli elementi essenziali caratterizzanti.

Con specifico riferimento al caso di stipula di contratti di collaborazione coordinata e continuativa, il legislatore aveva escluso l’obbligatorietà del progetto nel caso in cui il committente fosse una Pubblica Amministrazione ai sensi del d.lgs.n. 165/2001, rimanendo dunque la fattispecie regolata esclusivamente dall’art. 409 del codice di procedura civile, che, per la prima volta nel nostro ordinamento, ha introdotto la suddetta disciplina.

Dal 2019, per effetto dell’art. 7 c. 5 bis dlgs n. 165/2001 come introdotto dal d.lgs. n. 75/2017, è stato posto il divieto per le Pubbliche Amministrazioni di fare ricorso a contratti di collaborazione coordinata e continuativa.

Nel caso scrutinato dal Tribunale di Cagliari, si discuteva di una serie di contratti di collaborazione coordinata e continuativa stipulati con un ingegnere per l’esecuzione di una serie di attività tipicamente oggetto dell’Ente.

Lo Studio Legale Dedoni, che assisteva il lavoratore, aveva sostenuto che i contratti di collaborazione nascondevano la natura subordinata del rapporto di lavoro e aveva richiesto il riconoscimento della sussistenza di un lavoro subordinato e il diritto del lavoratore al pagamento delle differenze retributive nonché alla ricostituzione del rapporto di lavoro o, in subordine, al risarcimento del danno parametrato agli stipendi maturati dalla cessazione del rapporto alla riammissione in servizio o nei limiti previsti dall’art. 32 c. 5 L. n. 183/2010.

La differenza sostanziale tra il contratto di collaborazione coordinata e continuativa e il lavoro subordinato consiste nel fatto che il committente non può esplicare un controllo sulla prestazione lavorativa del collaboratore che travalichi i limiti del mero coordinamento e della verifica del risultato dell’attività commissionata.

Nello specifico, il committente non può esercitare nessun tipo di potere direttivo inteso come predeterminazione delle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, in termini di tempi, luogo e finanche di esercizio del potere disciplinare.

In caso contrario, il rapporto di lavoro, anche se qualificato formalmente come collaborazione coordinata e continuativa, in realtà rappresenta un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato, con diritto del lavoratore a vedersi riconosciuto il trattamento economico e normativo tipico dei lavoratori dipendenti del committente.

Il Tribunale, in accoglimento della domanda del ricorrente, ha riconosciuto la subordinazione, richiamando in questo senso, le regole giurisprudenziali cardine in materia di riconoscimento della subordinazione precisando che “elemento indefettibile del rapporto di lavoro subordinato e criterio discretivo, nel contempo, rispetto a quello di lavoro autonomo è la subordinazione, intesa come vincolo di soggezione personale del prestatore al potere direttivo, organizzativo, di controllo e disciplinare del datore di lavoro” e che l’etero-direzione non è esclusa da eventuali margini di autonomia, iniziativa e discrezionalità di cui può godere il dipendente: questo concetto si è affermato con riguardo a prestazioni di natura intellettuale e/o professionale o di elevato contenuto specialistico, oppure, per ragioni opposte, a prestazioni estremamente elementari, ripetitive, predeterminate nelle modalità d’esecuzione, e che per ciò solo non richiedono un potere direzionale costante; nel primo caso, pur non negandosi la presenza di una etero direzione, si è dato rilievo all’inserimento continuativo e organico delle prestazioni nell’organizzazione d’impresa, definendosi il rapporto di subordinazione attenuata, o funzionale o non tecnica, con riguardo al quale è stato affermato il principio secondo cui “quando l’elemento dell’assoggettamento del lavoratore alle direttive altrui non sia agevolmente apprezzabile a causa della peculiarità delle mansioni (e, in particolare, della loro natura intellettuale o professionale) e del relativo atteggiarsi del rapporto, occorre fare riferimento a criteri complementari e sussidiari, come quelli della collaborazione, della continuità delle prestazioni, dell’osservanza di un orario determinato, del versamento a cadenze fisse di una retribuzione prestabilita, del coordinamento dell’attività lavorativa all’assetto organizzativo dato dal datore di lavoro, dell’assenza in capo al lavoratore di una sia pur minima struttura imprenditoriale, elementi che, privi ciascuno di valore decisivo, possono essere valutati globalmente con indizi probatori della subordinazione.”

Peraltro, proprio con riferimento alle collaborazioni coordinate e continuative aventi ad oggetto l’espletamento di attività connotate da un alto grado di professionalità che intrinsecamente richiedono un certo grado di autonomia concettuale nell’esecuzione, il Tribunale ha avuto modo di affermare che “in ordine alla qualificazione di un rapporto di lavoro come autonomo o subordinato, in presenza di prestazione con un elevato contenuto intellettuale [………..] questa Corte ha costantemente affermato che è necessario verificare se il lavoratore possa ritenersi assoggettato, anche in forma lieve o attenuata, alle direttive, agli ordini e ai controlli del datore di lavoro, nonché al coordinamento dell’attività lavorativa in funzione dell’assetto organizzativo aziendale (cfr. Cass. n. 18414/2013, Cass. n. 7517/2012, Cass. n. 359472011 ), potendosi ricorrere altresì, in via sussidiaria, a elementi sintomatici della situazione della subordinazione quali l’inserimento nell’organizzazione aziendale, il vincolo di orario, l’inerenza al ciclo produttivo, l’intensità della prestazione, la retribuzione fissa a tempo senza rischio di risultato”.

Il Giudice del Tribunale di Cagliari, in particolare, ha posto l’attenzione su una serie di circostanze che hanno caratterizzato lo specifico rapporto di lavoro che lo hanno condotto a ritenere fondata la subordinazione e in particolare: costante presenza fisica del ricorrente nella sede di lavoro ove disponeva di una postazione ad hoc dotata di pc, stampante e telefono; tendenziale rispetto di un orario di lavoro in gran parte assimilabile a quello osservato dal personale dipendente; l’assoggettamento alle direttive dei vertici del Consorzio con riguardo, ad esempio, alla cadenze di svolgimento del lavoro, all’utilizzo di personale interno assegnatogli dai responsabili degli uffici, alle priorità rispetto alla individuazione degli interventi da eseguire individuate dal personale dipendente della committente; svolgimento delle attività concordate da parte del ricorrente all’interno di gruppi di lavoro che comprendevano personale interno e tecnici esterni.

Questi sono dunque gli elementi tipici che, in contenziosi di questo tipo, devono emergere al fine di fondare l’accertamento del requisito della subordinazione.

L’accertamento della subordinazione e le conseguenze per il lavoratore

Le differenze tra l’impiego privato e l’impiego pubblico  

Allorquando viene riconosciuta la subordinazione in luogo di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa, la normale conseguenza è quella di riconoscere, fin dall’origine, l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato con conseguente ordine di riammissione in servizio del lavoratore, diritto al pagamento delle retribuzioni e della contribuzione previdenziale maturate fino alla data dell’originaria cessazione del rapporto di lavoro formalmente di collaborazione e, infine, per effetto dell’art. 32 c. 5 L. n. 183/2010, il riconoscimento di un’indennità risarcitoria parametrata all’ultima retribuzione globale di fatto nella misura ricompresa tra le 2,5 e le 12 mensilità, che ha la funzione di risarcire il pregiudizio del lavoratore nel periodo tra la cessazione del rapporto di lavoro e la Sentenza che accerta la subordinazione.

La questione è invece diversa nel caso in cui venga accertato lo svolgimento di un rapporto di lavoro subordinato allorquando il committente/datore di lavoro subordinato di fatto sia una Pubblica Amministrazione.

Sul punto, la Giurisprudenza oramai totalitaria, a cui lo stesso Tribunale di Cagliari fa pieno riferimento, ha affermato che nei casi di accertamento di un rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze di una Pubblica Amministrazione, non possa essere disposto l’ordine di riammissione, e ciò sulla base del fatto che, in applicazione dell’art. 97 Cost. e del combinato disposto degli artt. 35 e 36 Cost., il rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze della Pubblica Amministrazione possa essere validamente costituito soltanto all’esito di una preventiva procedura concorsuale pubblica. In difetto di tale presupposto, il rapporto di lavoro non può essere costituito e, dunque, il lavoratore, quantunque venga accertata in concreto la natura subordinata di tale lavoro, non ha diritto alla riammissione in servizio, proprio perché ci si trova di fronte a un rapporto di lavoro radicalmente nullo.

Resta però certamente riconosciuto al lavoratore il diritto al trattamento economico e normativo proprio dei dipendenti della Pubblica Amministrazione e ciò in applicazione dell’art. 2126 c.c., che fa salvo il diritto del prestatore di lavoro al pagamento delle retribuzioni maturate in costanza di rapporto di lavoro nullo. Risulta altresì riconosciuto in via analogica il diritto al risarcimento del danno nella misura tra le 2,5 e le 12 mensilità dell’ultima retribuzione di fatto, con applicazione analogica della disciplina di cui al richiamato art. 32 c. 5 L. n. 183/2010, tenuto conto del generale diritto al risarcimento del danno previsto dall’art. 36 d.lgs. n. 165/2001 per il caso di contratti di lavoro illegittimamente conclusi con la Pubblica Amministrazione.

La natura dei Consorzi di Bonifica della Regione Autonoma della Sardegna 

La Sentenza del Tribunale di Cagliari, con specifico riferimento ai Consorzi di Bonifica, ha poi il pregio di risolvere un’annosa questione in ordine alla natura dei rapporti di lavoro instaurati con tali soggetti.

In particolare, si discuteva dell’applicabilità del divieto di costituzione di rapporti di lavoro subordinato ai Consorzi di Bonifica, in quanto, secondo alcuni, essi non rientravano nel novero delle amministrazioni pubbliche previste dal d.lgs. n. 165/2001, in quanto Enti Pubblici Economici, mentre secondo altri si trattava in ogni caso di Enti Pubblici non Economici e comunque di consorzi costituiti per il perseguimento di una finalità pubblica e, dunque, rientranti nell’operatività dell’art. 1, c. 2 d.lgs. n. 165/2001.

Il Tribunale ha ritenuto irrilevante la questione in quanto, con riferimento alla materia dei Consorzi di Bonifica della Regione Sardegna, essi devono intendersi comunque sottoposti all’obbligo di preventiva selezione pubblica, in ragione dell’espressa previsione dell’art. 34 L.R. n. 6/2008, mutuando così la disciplina e, soprattutto, le conseguenze sopra richiamate in punto di riconoscimento di subordinazione nei rapporti con le pubbliche amministrazioni.

Gli avvocati dello Studio Legale Dedoni  sono a disposizione per verificare la legittimità dei rapporti di lavoro instaurati con le pubbliche amministrazioni, al fine di valutare la sussistenza o meno della subordinazione.

L’avvocato Ivano Veroni collabora con lo studio Dedoni dall’anno 2011.
Durante l’esercizio della professione, l’Avvocato Veroni ha maturato specifiche competenze nel settore del Diritto del Lavoro e del Diritto Amministrativo.
E’ docente di diritto del lavoro per l’ANCI Sardegna e per l’IFEL.
Nell’anno 2022 ha ricoperto il ruolo di componente della Sottocommissione per la formazione in diritto del lavoro nel Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Cagliari ed è relatore in materia di diritto del lavoro nei convegni organizzati dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Cagliari.

L’avvocato Ivano Veroni collabora con lo studio Dedoni dall’anno 2011. Durante l’esercizio della professione, l’Avvocato Veroni ha maturato specifiche competenze nel settore del Diritto del Lavoro e del Diritto Amministrativo. E’ docente di diritto del lavoro per l’ANCI Sardegna e per l’IFEL. Nell’anno 2022 ha ricoperto il ruolo di componente della Sottocommissione per la formazione in diritto del lavoro nel Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Cagliari ed è relatore in materia di diritto del lavoro nei convegni organizzati dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Cagliari.

L’avvocato Ivano Veroni collabora con lo studio Dedoni dall’anno 2011. Durante l’esercizio della professione, l’Avvocato Veroni ha maturato specifiche competenze nel settore del Diritto del Lavoro e del Diritto Amministrativo. E’ docente di diritto del lavoro per l’ANCI Sardegna e per l’IFEL. Nell’anno 2022 ha ricoperto il ruolo di componente della Sottocommissione per la formazione in diritto del lavoro nel Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Cagliari ed è relatore in materia di diritto del lavoro nei convegni organizzati dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Cagliari.