Il caso Italia.
Il dibattito sulle concessioni balneari è aperto da anni e vede da un lato la necessità di indire nuove gare imparziali e trasparenti per l’assegnazione degli stabilimenti e dall’altro gli interessi degli attuali proprietari.
Il Codice della Navigazione nel 1942 ha deciso che chi garantisce di perseguire l’interesse pubblico e una proficua utilizzazione del bene demaniale può averlo in concessione. Questo è il caso di chi ottiene in concessione uno stabilimento balneare.
Nel 1992 è stato definito il “diritto di insistenza”: il titolare di concessione balneare viene preferito rispetto a un altro e vede la propria concessione rinnovata automaticamente ogni sei anni.
La mancata applicazione della Direttiva Bolkestein: la mappatura delle coste italiane
Nel 2006 però l’Unione Europea ha stabilito con la Direttiva Bolkestein (2006/123/CE) l’obiettivo di promuovere la parità di professionisti e imprese nell’accesso ai mercati. Dovrebbero essere indette quindi gare imparziali per assegnare le concessioni nuove oppure quelle in scadenza.
L’Italia ha sempre disatteso la direttiva, rischiando anche sanzioni economiche, e ha continuato a prorogare le attuali concessioni. Questo nonostante nel 2021 il Consiglio di Stato abbia impedito le proroghe oltre il 31 dicembre 2023. Per evitare di applicare la direttiva, il Governo ha nominato un tavolo tecnico-consultivo per mappare le coste italiane, con lo scopo di dimostrare che esse non sono risorse scarse. La direttiva, infatti, è valida solo nel caso in cui si verifichi la scarsità delle risorse naturali.
La mappatura dimostra che le coste italiane sono lunghe 11mila km, 2.200 km in più rispetto al calcolo effettuato dall’ISTAT. Tiene però conto anche di zone di costiera rocciosa, aree industriali e porti.
Nel parere del 16 novembre scorso la Commissione europea ha affermato che il tavolo non dimostra la non scarsità delle risorse naturali e che l’Italia avrebbe avuto due mesi di tempo per indire gare pubbliche. È intervenuta anche l’Autorità garante della concorrenza e del mercato precedentemente attraverso diffide e nuovamente tramite ricorso al Tar.
La direttiva Bolkestein negli anni non è stata applicata dai governi italiani per non contrastare i balneari, molto influenti in Italia, che altrimenti non potrebbero mantenere negli anni il loro stabilimento, magari ereditato, o comunque ottenuto attraverso un investimento iniziale.
Questo investimento ha creato una posizione di rendita pesando sul demanio: secondo la Corte dei Conti, i canoni attualmente imposti non sono proporzionati ai fatturati conseguiti attraverso i beni demaniali concessi. Tra il 2016 e il 2020 lo Stato ha incassato attraverso i canoni delle concessioni poco meno di 100 milioni di euro all’anno. I canoni delle concessioni, infatti, sono molto bassi: il minimo per il 2024 è di 3.225,50 euro.
Per permettere anche ad altri di occupare uno stabilimento balneare e rendere più trasparenti le proprietà è opportuno applicare la direttiva e indire nuove gare che siano veramente imparziali. È necessario garantire una corretta concorrenza tra chi vuole svolgere questo lavoro, senza che venga impedito l’accesso al mercato da parte di coloro i quali hanno ottenuto gli stabilimenti anni o addirittura decenni fa, e permettere allo Stato di ricevere un adeguato ritorno economico dalle attività svolte grazie ai beni demaniali.
Il caso della Regione Sardegna.
Allo stato attuale in tutta l’Isola risultano in essere circa 1.950 concessioni cui corrisponde un altrettanto numero di imprese con una occupazione diretta durante il periodo estivo, senza considerare l’indotto, ben superiore ai 4.000 dipendenti.
La Regione Sardegna, a seguito dell’approvazione della legge n.145/2018, ha proceduto ad adottare gli atti amministrativi ricognitivi di proroga delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico ricreative fino al 31.12.2033.
La legge regionale, poi successivamente abrogata, è in contrasto con il diritto dell’UE, e segnatamente l’art. 49 TFUE e con l’art. 12 della Direttiva 2006/123/CE, per cui le stesse non devono essere applicate né dai giudici né dalla P.A. La non applicazione implica che gli effetti da essa rilasciate sulle concessioni sono da intendersi “inesistenti”.
L’uso delle aree demaniali marittime per finalità turistico ricreative è disciplinato dalla legge regionale n. 45/1989 (Norme per l’uso e la tutela del territorio regionale) ed in particolare dall’art. 22-bis “Piano per l’Utilizzo dei Litorali (PUL)”. Il PUL è lo strumento con cui viene disciplinato l’uso delle aree demaniali marittime per finalità turistico ricreative, comprende il piano degli accessi al mare di cui alla L. R. n. 23/1985, ed è predisposto dai comuni.
Il PUL è redatto sulla base delle direttive (linee guida) approvate dalla Giunta regionale. Le linee guida attualmente vigenti sono state approvate con deliberazione della Giunta regionale n. 35/12 del 9.7.2020.
Dall’analisi del suesposto quadro normativo e giurisprudenziale in materia di concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative emerge in maniera inequivocabile l’obbligo della procedura di evidenza pubblica per l’affidamento agli operatori economici privati delle citate concessioni.
Più problematico l’aspetto della pianificazione dei litorali. In assenza di pianificazione del litorale non è infatti possibile procedere alla pubblicazione dei bandi. Solo 27 comuni su un totale di 68 si sono dotati del PUL almeno adottato. In caso di inerzia dei comuni la Regione dovrebbe procedere senza indugio con poteri sostitutivi.
Con delibera n. 4/118 del 15.02.2024 la Regione ha approvato il differimento ope legis al 31.12.2024 del termine di scadenza delle concessioni di cui all’art. 3, comma 1, lett. a), della legge n.118/2022, stabilendo che entro tale data dovranno essere terminate le procedure di evidenza pubblica per l’assegnazione delle concessioni.
Il quadro della regione non risulta rassicurante, salvo compatibili decreti attuativi del Governo, poiché i passaggi propedeutici da porre in essere prima della conclusione delle gare sono tutt’altro che agevoli: 1.approvazione nuove linee guida regionali per la predisposizione del PUL; 2. completamento della mappatura con analisi delle foto aeree acquisite (orto rettificate), delle dimensioni arenili (lunghezza e profondità), delle aree dunali, delle coste rocciose e la determinazione dello stato di utilizzo delle aree demaniali per la finalità turistico ricreativa dell’intera costa sarda; 3. approvazione dei criteri per la predisposizione dei bandi di gara per assegnazione delle concessioni; 4. Adozione dei PUL da parte di tutti i Comuni; approvazione dei bandi di gara e pubblicazione e assegnazione delle concessioni.
Le Sentenze del Consiglio di Stato. La illegittimità delle proroghe delle concessioni demaniali.
La VII Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 3940 del 30 aprile 2024 nel rigettare le richieste di rimessione della causa all’Adunanza plenaria, alla Corte costituzionale e alla Corte di Giustizia UE formulate, ha ritenuto espressamente di avocare a sé la competenza per la decisione.
Ha pertanto stabilito che le proroghe sono illegittime e le gare vanno effettuate subito, chiedendo altresì alle amministrazioni comunali di disapplicare ogni proroga tecnica prevista fino al 31 dicembre 2024 dal Decreto Milleproroghe 2022 Decreto Legge 30 dicembre 2021, n. 228.
Il TAR Sicilia, in adesione a quanto già stabilito in altre sedi istituzionali (cfr. TAR Lazio, sent. n. 19051/2023), ha espressamente affermato che scaduto il termine del 31 dicembre 2023 tutte le concessioni demaniali in essere dovranno considerarsi prive di effetto, indipendentemente da se vi sia o meno un soggetto subentrante nella concessione.
Successivamente, con le sentenze nn. 4479, 4480 e 4481 del 20 maggio 2024, il Consiglio di Stato è ritornato sulle proroghe delle concessioni alla luce delle novità normative.
I giudici di Palazzo Spada hanno pertanto ritenuto che sussistono più contrasti tra sezioni che giustifichino la necessità di tornare in Plenaria, né tantomeno si ravvisano presupposti per sollevare una questione di legittimità costituzionale e/o per disporre un rinvio alla Corte di Giustizia.
Nel ribadire che tutte le proroghe delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative sono illegittime e devono essere disapplicate dalle amministrazioni ad ogni livello, anche comunale e che la risorsa è certamente scarsa, i giudici hanno statuito che deve essere disapplicato anche l’art. 10-quater, comma 2, del d.l. n. 198 del 2023 laddove ha previsto che il Tavolo tecnico definisse i criteri tecnici per la sussistenza della scarsità della risorsa naturale disponibile, tenendo conto anche della “rilevanza economica transfrontaliera”.
Tale elemento non è rilevante ai fini della valutazione della scarsità e quindi non può essere preso in considerazione in quanto non è un presupposto per l’applicazione dell’art. 12 della Dir. 2006/123/CE ma semmai, laddove non si applichi l’art. 12 della Dir. 2006/123/CE, del solo art. 49 del T.F.U.E.
Si può ritenere compatibile con il diritto dell’Unione la sola proroga “tecnica” – funzionale allo svolgimento della gara – prevista dall’art. 3, commi 1 e 3, della l. n. 118 del 2022 nella sua originaria formulazione, che consente alle autorità amministrative competenti di prolungare la durata della concessione, con atto motivato, per il tempo strettamente necessario alla conclusione della procedura competitiva e, comunque, non oltre il termine del 31 dicembre 2024.
Al riguardo, il Collegio ha precisato che tale proroga è compatibile con i principi europei solo quando le autorità amministrative comunali abbiano già avviato la procedura selettiva o comunque abbiano deliberato per indirla in tempi brevissimi, emanando atti di indirizzo in tal senso e avviando senza indugio l’iter per la predisposizione dei bandi.
Una concessione è legittima solo se l’atto di proroga e il titolo concessorio originario sono stati assunti sulla base di procedure selettive trasparenti e comparative. In tal senso, si è di recente pronunciato anche il TAR Bari, con la sentenza n. 566 dello scorso 6 maggio, che ha ritenuto legittima l’estensione del titolo concessorio fino al 31.12.2033 perché conseguito all’esito della procedura comparativa di cui all’art. 37 cod. nav. e art. 18 del relativo regolamento.
Stante la necessità non più procrastinabile di procedere alle gare, è possibile sopperire al vuoto normativo mediante le previsioni delle leggi regionali e, soprattutto, i principi e i criteri della delega di cui all’art. 4, comma 2 della l. n. 118 del 2022, anche se non sono stati ancora adottati i decreti che ne precisano il contenuto.
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