Le servitù acquistate per usucapione o per destinazione del padre di famiglia.

 Quando si può ottenere una sentenza che accerta il diritto.

La Corte d’Appello di Cagliari, con la sentenza n. 241/2022 del 17.05.2022, ha ribadito l’ormai consolidato principio di diritto secondo cui, per poter avanzare domanda per il riconoscimento dell’intervenuta usucapione ventennale ovvero per destinazione di padre di famiglia di una servitù di passaggio, è necessario che si tratti di una servitù apparente.

Le servitù acquistate per usucapione o per destinazione del padre di famiglia: cosa sono e come si costituiscono.

La servitù prediale, secondo la definizione generale dell’istituto offerta dal Codice civile, “consiste nel peso imposto sopra un fondo per l’utilità di un altro fondo appartenente a diverso proprietario” (artt. 1027 e ss. c.c.).

Fin dalla definizione offerta dal legislatore, è evidente che la servitù si riferisce ad un rapporto tra fondi, e non invece tra proprietari e tra titolari di determinati diritti sui fondi.

Si tratta di un c.d. diritto “reale” perché si inserisce sulla “res”, sulla cosa e, quindi, sul fondo.

L’esempio classico è la servitù di passaggio, che consiste nel poter accedere al fondo dominante passando attraverso il fondo servente.

Altrettanto frequenti le servitù di acquedotto e di elettrodotto, cioè la possibilità di attraversare il fondo servente con delle condotte per giungere al fondo dominante.

La sua costituzione, inoltre, può essere funzionale a qualsiasi tipo di utilità che conseguirebbe uno dei fondi, detto dominante; tanto è vero che, secondo l’art. 1028, l’utilità può essere riferita alla mera amenità del fondo dominante, cioè per pura gradevolezza.

In merito alle modalità di costituzione di una servitù, secondo quanto disposto dall’art. 1031, esse possono essere costituite coattivamente, quindi in forza di un intervento giudiziale, volontariamente, cioè per il tramite della volontà di due o più soggetti, ovvero, ancora, per usucapione o per destinazione del padre di famiglia (art. 1031 c.c.).

In merito a queste due ipotesi, tuttavia, il Legislatore ha avuto la premura di specificare che “le servitù non apparenti, cioè non visibili perché non collegate ad opere permanenti, non possono acquistarsi per usucapione o per destinazione del padre di famiglia”.

Le servitù acquistate per usucapione o per destinazione del padre di famiglia: le condizioni per l’acquisto. 

Il nostro ordinamento riconosce diverse modalità per l’acquisto dei diritti.

La più rilevante classificazione in materia è sicuramente quella che distingue tra modi d’acquisto a titolo originario e modi d’acquisto a titolo derivativo.

L’elemento caratteristico, che permette di distinguere tra le due diverse modalità, è rappresentato dal fatto che, nel caso di acquisto a titolo originario, il diritto viene acquistato “nuovo”, nel senso che il diritto nasce per la prima volta nell’ordinamento giuridico in capo al titolare ed in tal caso il Giudice si limita a dichiarare l’esistenza del diritto; nel diverso caso dell’acquisto a titolo derivativo, invece, il diritto esisteva già a livello giuridico e viene trasferito da un soggetto ad un altro, che ne diviene il nuovo titolare.

Tra le modalità d’acquisto a titolo originario certamente rientrano anche l’usucapione e la destinazione del padre di famiglia, coinvolte nel caso di specie.

L’usucapione, disciplinata agli artt. 1158 e ss. c.c., consente, a colui che possa vantare su un determinato bene un possesso prolungato per un lungo periodo di tempo, l’acquisto a titolo originario dei diritti esercitati sul bene.

Ad esempio, per l’acquisto per usucapione del diritto di proprietà su un bene immobile è necessario esercitare il possesso prolungato perlomeno per vent’anni.

Così è possibile acquistare una servitù di passaggio per il solo fatto di essere sempre passati sul fondo servente per più di vent’anni, per giungere al fondo dominante.

Anche l’acquisto per destinazione del padre di famiglia rientra nel novero degli acquisti a titolo originario, ma si differenzia dall’usucapione in quanto l’acquisto non è connesso ad un esercizio prolungato nel tempo di un determinato diritto, ma l’acquisto si riferisce a precedenti vicende riguardanti il fondo.

Infatti, secondo la definizione riportata nell’art. 1062 c.c. “la destinazione del padre di famiglia ha luogo quando consta, mediante qualunque genere di prova, che due fondi, attualmente divisi, sono stati posseduti dallo stesso proprietario, e che questi ha posto o lasciato le cose nello stato dal quale risulta la servitù”.

Posto che, ovviamente, perché possa parlarsi di servitù è necessario che i due fondi appartengano a proprietari diversi, nel caso della destinazione del padre di famiglia il legislatore presume che, se un fondo, precedentemente posseduto dal medesimo soggetto, sia stato successivamente diviso e poi alienato, e uno dei due fondi rivesta una utilità per il fondo contiguo, il fondo che trae utilità dall’altro sia assistito da una servitù in favore dell’altro fondo.

Le servitù acquistate per usucapione o per destinazione del padre di famiglia.

Il caso concreto.

La servitù di passaggio è, quindi, il peso che è imposto su un fondo, consistente nel dover sopportare il passaggio di soggetti diversi dal proprietario del medesimo, funzionale all’utilità del fondo dominante.

Nel caso seguito dallo studio, i ricorrenti affermavano che sul fondo dei resistenti gravasse una servitù di passaggio in favore del fondo di cui erano proprietari, perché vi era un accesso comune che, attraversando il primo fondo, conduceva al secondo fondo di loro proprietà.

Non vi era però un passaggio all’interno del fondo che fosse in nessun modo segnalato o evidente.

Secondo le prospettazioni offerte dagli appellanti, essi avrebbero posseduto il diritto per almeno vent’anni e, quindi, lo avrebbero usucapito.

Sostenevano che, precedentemente, il proprietario dei due fondi era unico e che la strada era stata realizzata dall’allora unico proprietario.

Successivamente ne aveva venduto una parte ai ricorrenti e l’altra ai resistenti e pertanto si sarebbe doveva ritenere che già il precedente proprietario aveva voluto costituire una servitù di passaggio, per destinazione del padre di famiglia, in favore del loro fondo.

La decisione della Corte d’Appello di Cagliari.

La Corte d’Appello di Cagliari, per la soluzione del caso di specie ed in considerazione delle domande degli appellanti, ha in parte ripreso la motivazione del giudice di primo grado che aveva individuato, quale elemento dirimente, la circostanza secondo cui non era stata provata l’esistenza della servitù.

Come detto, infatti, secondo l’articolo 1061 c.c., le servitù acquistate per usucapione ovvero per destinazione del padre di famiglia, è possibile solo in quelle ipotesi in cui l’esercizio della servitù avvenga per il tramite di opere stabili ed apparenti.

In quest’ottica, anche riprendendo l’insegnamento della Corte di Cassazione, si è ritenuto che lo stradello posto sul fondo degli appellati non potesse integrare un’opera funzionale all’acquisto del diritto.

Infatti, anche secondo l’ormai pacifico orientamento giurisprudenziale, deve trattarsi di opere che rivelino, in modo non equivoco, la presenza di un peso imposto sopra un fondo per l’utilità di un altro fondo, mentre la strada di collegamento, di per sé, è un elemento equivoco, non idoneo a fondare l’acquisto a titolo originario del diritto.

Argomenta, infatti, la Corte “difettando del tutto opere visibili e permanenti diverse dal cancello di accesso al cortile non ricorrono neppure le condizioni per configurare, in astratto, una servitù di passaggio Al riguardo, infatti, come già rilevato dal primo giudice, manca la prova di quel quid pluris richiesto dalla giurisprudenza richiamata, che dimostri la specifica destinazione delle opere all’esercizio della servitù di passaggio”.

Ancora una volta, quindi, viene ribadito il principio, già chiaramente espresso dal legislatore nell’art. 1061, secondo cui la servitù, per essere apparente, deve essere assistita da un’opera idonea a rivelare inequivocabilmente ed obiettivamente che essa è stata realizzata al preciso fine di consentire l’esercizio della servitù medesima.

Gli avvocati dello Studio Legale Dedoni sono a disposizione per l’analisi e la consulenza in merito a ciascuna singola problematica.

Dott. Andrea Matta  mail: andrea.matta@studiolegalededoni.it

Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato in giurisprudenza presso l’Università degli studi di Cagliari nel giugno 2020 con tesi in diritto regionale dal titolo “La competenza delle Regioni in materia di “lavori pubblici di interesse regionale. Differenziazione e prospettive future”. Nel corso del suo percorso di studi ha approfondito gli studi diritto costituzionale e amministrativo, nonché in materia di diritto del lavoro. Dal luglio 2020 collabora con lo Studio legale Dedoni, dove svolge la pratica forense.