L’ordinanza della Corte di cassazione n.9453 del 6 aprile 2023
Il caso sottoposto alla Corte di Cassazione
Con l’ordinanza n. 9453 del 06.04.2023, la Cassazione ha ribadito che il licenziamento per scarso rendimento rientra nell’ambito dei licenziamenti per giustificato motivo soggettivo e si pone come particolare fattispecie della risoluzione del contratto di lavoro per inadempimento di cui agli artt. 1453 ss. c.c.
In prima battuta è bene ricordare che poiché si tratta di un licenziamento per giustificato motivo soggettivo, il licenziamento deve essere intimato con preavviso ed a seguito di una regolare procedura disciplinare.
Il caso sottoposto alla Corte di Cassazione riguarda l’impugnazione di un licenziamento irrogato per scarso rendimento ad un lavoratore accusato dal suo datore di lavoro “di avere fatto visita ad un modestissimo numero di clienti e di avere reso una prestazione lavorativa insufficiente nel primo trimestre dell’anno 2016, limitata alla acquisizione di un solo cliente”. Detta attività lavorativa, comparata con quella posta in essere dai suoi colleghi in posizione analoga che era di gran lunga maggiore, secondo la prospettazione del datore di lavoro, seguita sia dal Tribunale del lavoro che dalla Corte d’Appello, integrava il colpevole negligente inadempimento degli obblighi contrattuali da parte del lavoratore nell’espletamento della sua normale prestazione.
Per contro il lavoratore aveva giustificato il suo scarso rendimento sulla base della lamentata condizione di emarginazione e nel fatto che a lui, a differenza dei suoi colleghi di lavoro, erano state assegnate dotazioni tecnologiche meno performanti.
La Suprema Corte di Cassazione, che non ha rinvenuto elementi obiettivi tali da giustificare la riduzione dell’attività del lavoratore, ha rigettato il ricorso dal medesimo proposto.
Il notevole inadempimento del lavoratore nello svolgimento della prestazione lavorativa quale presupposto del licenziamento per scarso rendimento
L’onere della prova in capo al datore di lavoro
L’obbligazione del lavoratore subordinato viene ricompresa tra le c.d. obbligazioni di mezzi ed è quindi esonerata dal rischio della mancata realizzazione del risultato atteso dal datore di lavoro: il lavoratore si obbliga infatti solo e soltanto a prestare attività lavorativa secondo il grado di specializzazione e la corrispondente diligenza richiesta dalla mansione assegnata.
Per quanto detto il datore di lavoro che intenda contestare lo scarso rendimento e porlo alla base del giustificato motivo soggettivo di licenziamento non può limitarsi a provare il mancato raggiungimento del risultato atteso ma è onerato della dimostrazione di un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del lavoratore.
Ed infatti il datore di lavoro, quando stipula un contratto di lavoro, non mira semplicemente a ricevere le energie del lavoratore ma lo fa in vista del risultato finale che quelle energie possono produrre.
In parole più semplici l’obbligazione di lavoro, benché abbia ad oggetto un fare e non un risultato, non si esaurisce nella mera messa a disposizione delle energie lavorative ma deve essere utile, cioè idonea a soddisfare l’interesse economico del datore di lavoro.
Si tratta di un accertamento di fatto complesso alla cui valutazione deve concorrere anche l’apprezzamento degli aspetti concreti del fatto addebitato, tra cui il grado di diligenza richiesto dalla prestazione e quello usato dal lavoratore, nonché l’incidenza dell’organizzazione d’impresa e dei fattori socio – ambientali che possono influenzare il rendimento dell’attività lavorativa.
La misura della prestazione lavorativa richiesta e quindi il rendimento della attività lavorativa, può essere determinata sulla base di clausole di rendimento ovvero di risultato inserite nel contratto di lavoro ovvero in accordi sindacali aziendali.
In mancanza di tali clausole può essere desunta dalla media dei risultati ottenuti dai lavoratori addetti alle stesse mansioni quale metro per valutare se la prestazione sia stata resa con la diligenza richiesta dalle mansioni affidate al lavoratore.
Ai fini della legittimità del licenziamento il datore di lavoro dovrà dunque dimostrare in maniera rigorosa una significativa sproporzione tra gli obiettivi esigibili in determinato arco di tempo ed il rendimento offerto dal lavoratore anche rispetto a quello raggiunto dai suoi colleghi in analoghe mansioni, nonché dell’imputabilità di tale scarso rendimento a colpa del dipendente valutando la sua condotta nel suo complesso.
Scarso rendimento e assenze per malattia
E’ illegittimo il licenziamento intimato prima del superamento del periodo di comporto
Cosa accade invece se lo scarso rendimento dipende da assenze reiterate: il lavoratore può essere licenziato a causa di tali assenze? Nella realtà accade spesso che numerose assenze per malattia finiscano per ripercuotersi pesantemente sull’organizzazione dell’impresa rendendo scarsamente utilizzabile la prestazione del lavoratore anche quando è presente.
Lo scarso rendimento determinato dalle assenze per malattia del lavoratore non può mai legittimare, prima del superamento del periodo massimo di comporto, il licenziamento per giustificato motivo soggettivo. Questa è la posizione, ormai stabile della giurisprudenza, di recente ribadita dalla Corte di Cassazione con la Sentenza n. 36188 del 12 dicembre 2022.
Secondo la Corte di Cassazione infatti, la malattia non rileva ai fini dello scarso rendimento, in quanto le regole dettate dall’art. 2110 c.c. per le ipotesi di assenze da malattia del lavoratore prevalgono sulla disciplina dei licenziamenti individuali ed impediscono al datore di lavoro di porre fine unilateralmente al rapporto prima del superamento del limite di tollerabilità dell’assenza individuato nel CCNL che regola il rapporto di lavoro e comunemente denominato periodo di comporto.
È il superamento del periodo di comporto ad essere l’essenziale condizione di legittimità del recesso e questo nell’ottica di un contemperamento tra gli interessi del datore di lavoro a mantenere alle proprie dipendenze solo chi lavora e produce e del lavoratore a disporre di un congruo periodo di tempo per curarsi, senza perdere i mezzi di sostentamento, riversando sul datore di lavoro il rischio della sua assenza per malattia.
Sotto altro aspetto si può argomentare che la impossibilità di avvalersi della prestazione lavorativa del dipendente per il tempo della malattia, costituisce per il datore di lavoro un evento previsto ovvero quantomeno prevedibile ed espressamente disciplinato. In tal senso non può parlarsi di inadempimento da parte del lavoratore che deve sempre provare di essere malato con la produzione di un certificato medico.
Quando è possibile licenziare un lavoratore per scarso rendimento
Conclusioni
Per quanto detto per poter legittimamente licenziare un lavoratore per scarso rendimento è necessaria la contemporanea sussistenza di due presupposti che, in caso di contestazione, devono essere entrambi provati in giudizio dal datore di lavoro.
– Il licenziamento deve fondarsi su un elemento di carattere oggettivo, vale a dire l’esistenza di una notevole sproporzione tra i risultati conseguiti e gli obiettivi assegnati e la valutazione di tale aspetto non deve essere effettuata in astratto, bensì utilizzando quale parametro un rendimento concretamente esigibile, che tenga conto del rendimento medio registrato da altri dipendenti in analoghe funzioni.
– La sproporzione tra i risultati attesi e quelli conseguiti deve essere imputabile al lavoratore, ovvero il frutto di un colpevole e negligente inadempimento degli obblighi contrattuali sullo stesso gravanti e non sia, invece, ascrivibile all’organizzazione del lavoro o ad altri fattori comunque estranei alla sua condotta.
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L’Avvocato Andrea Dedoni, è nato a Carbonia il 30 Settembre 1964 ed è iscritto all’albo degli Avvocati della provincia di Cagliari dal 1997.
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