Un diritto irrinunciabile garantito dalla Costituzione e dai principi comunitari
Le ferie annuali servono a consentire il recupero delle energie psico–fisiche del lavoratore e quindi a tutelare la sua salute minacciata dallo svolgimento continuativo della prestazione lavorativa.
Per tale ragione il diritto ad un periodo annuale di ferie retribuite è garantito dall’art. 36, comma terzo della Costituzione che ne prescrive altresì l’irrinunciabilità: “Il lavoratore ha diritto … a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi”.
In ambito comunitario, il diritto alle ferie annuali retribuite costituisce “principio particolarmente importante del diritto sociale comunitario, al quale non si può derogare e la cui attuazione da parte delle autorità nazionali competenti può essere effettuata solo nei limiti esplicitamente indicati dalla direttiva stessa” (punto 43 della sentenza Bectu del 26.6.2001, C-173/99; punto 28 della sentenza Federatie Nederlandse Vakbeweging del 6.4.2006, C- 124/05; punto 29 della sentenza Merino Gomez del 18.3.2004, C 342/01).
Il riposo feriale è considerato altresì diritto sociale fondamentale del lavoratore, sancito nella Carta dei diritti fondamentali della Unione Europea, proclamata a Nizza nel dicembre 2000, che, all’articolo 31.2. nell’ambito del diritto a condizioni di lavoro giuste ed eque, ha affermato il diritto di “ogni lavoratore” a ferie annuali retribuite.
Il diritto al godimento delle ferie: La disciplina dell’art.10 Dlgs 66/2023
L’istituto delle ferie e le relative modalità di fruizione sono oggi disciplinati, nell’ordinamento Italiano, dall’art. 10, D.Lgs. n. 66/2003, il quale dispone: “Fermo restando quanto previsto dall‘articolo 2109 del Codice civile, il prestatore di lavoro ha diritto a un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane. Tale periodo, salvo quanto previsto dalla contrattazione collettiva o dalla specifica disciplina riferita alle categorie di cui all’articolo 2, comma 2, va goduto per almeno due settimane, consecutive in caso di richiesta del lavoratore, nel corso dell’anno di maturazione e, per le restanti due settimane, nei 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione (comma 1). Il predetto periodo minimo di quattro settimane non può essere sostituito dalla relativa indennità per ferie non godute, salvo il caso di risoluzione del rapporto di lavoro (comma 2)”.
La lettura dell’articolo evidenzia i seguenti principi:
- le quattro settimane del periodo annuale di ferie vanno godute, per almeno la metà, nell’anno di maturazione e per il residuo nei successivi 18 mesi dalla maturazione, salvo diversa previsione del contratto collettivo;
- le due settimane di fruizione delle ferie maturate nell’anno corrente vanno godute consecutivamente in caso di richiesta del lavoratore;
- le mancata fruizione delle ferie annuali, nel limite del periodo minimo legale, pari a quattro settimane, non può essere sostituita dalla relativa indennità (l’indennità sostitutiva delle ferie), se non al momento della cessazione del rapporto di lavoro;
- i contratti collettivi possono prevedere periodi di ferie ulteriori a quello legale. Questi periodi possono essere fruiti in base a quanto esplicitato dal contratto collettivo e, quindi, in astratto, anche successivamente al 18° mese dalla maturazione;
Il diritto al godimento delle ferie: a quanti giorni di ferie ha diritto il dipendente?
Il lavoratore che presta la propria attività lavorativa in regime orario di settimana corta matura n. 2,33 giorni di ferie al mese, pari a 28/12, in regime orario di settimana lunga, invece, il lavoratore matura 2,66 giorni di ferie al mese, pari a 32/12.
Le ferie sono imputate esclusivamente per i giorni lavorativi con la conseguente esclusione delle giornate del sabato e domenica ricadenti nell’ambito delle stesse.
Pertanto, nel caso di orario di lavoro articolato su cinque giorni, le ferie occorrenti per la copertura del periodo di due settimane – che rappresenta la durata minima da garantire al lavoratore in modo continuativo – nel periodo 1 giugno – 30 settembre- è di dieci giorni.
Il diritto al godimento delle ferie. Chi decide e come?
Compatibilmente con le esigenze dell’azienda e tenuto conto di quelle dei lavoratori il datore di lavoro ha facoltà di stabilire il periodo di fruizione e le modalità di godimento delle ferie:
- collettive che sono quelle usufruite contemporaneamente dalla totalità dei lavoratori con sospensione dell’attività produttiva;
- individuali che sono quelle usufruite individualmente dal lavoratore, garantendo una continuazione dell’attività lavorativa.
I contratti collettivi possono prevedere un periodo per la fruizione delle ferie, altrimenti l’esatta determinazione del periodo spetta di norma al datore di lavoro, quale espressione del potere organizzativo e direttivo dell’azienda, tenendo conto delle esigenze e degli interessi del lavoratore.
In ogni caso, in adempimento dei doveri di correttezza e buona fede imposti dal contratto di lavoro, al fine di consentire al lavoratore di conoscere il periodo in cui potrà fruire delle ferie, il datore di lavoro comunicherà con congruo anticipo al lavoratore il periodo nel quale dovrà godere delle ferie.
Le ferie non fruite al termine del periodo di maturazione, devono essere differite ad un periodo successivo in applicazione del divieto di monetizzazione, ma sempre entro i 18 mesi successivi.
Ad esempio le ferie maturate al 31.12.2022 vanno godute entro il 30 giugno 2024.
La mancata fruizione delle ferie e la responsabilità contrattuale del datore di lavoro
La Giurisprudenza
L’omessa fruizione delle ferie costituisce un inadempimento degli obblighi del datore di lavoro derivanti dal contratto di lavoro e può avere conseguenze negative sulla salute del lavoratore.
Pertanto il datore di lavoro, che ha un preciso obbligo di strutturare la sua organizzazione aziendale al fine di poter consentire ai lavoratori di fruire delle ferie, va incontro ad una responsabilità di tipo contrattuale per tutti i danni causati alla salute del lavoratore a causa di una attività lavorativa protrattasi per oltre un anno senza riposo.
La Giurisprudenza si è più volte espressa sulla base di questo principio affermando che: “Va risarcito, secondo le regole della responsabilità contrattuale, il danno alla salute (nella specie, infarto cardiaco) derivante al lavoratore dall’eccessivo impegno lavorativo dovuto alla sostituzione di un collega protrattasi per lungo tempo, allo svolgimento di lavoro straordinario e festivo ed alla rinuncia al godimento delle ferie” (Cass. civ., sez. lav., 05-02-2000, n. 1307);
Il datore di lavoro è inoltre stato ritenuto responsabile quando per sua negligenza non abbia provveduto ad adeguare l’organico aziendale al fine di evitare carichi di lavoro eccessivi al personale occupato: “L’attività di collaborazione cui l’imprenditore è tenuto nei confronti dei lavoratori a norma dell’art. 2087 c.c. non si esaurisce nella predisposizione di misure tassativamente imposte dalla legge, ma si estende all’adozione di tutte le misure che si rivelino idonee a tutelare l’integrità psico-fisica del lavoratore; ne consegue che anche il mancato adeguamento dell’organico aziendale (in quanto e se determinante un eccessivo carico di lavoro), nonché il mancato impedimento di un superlavoro eccedente – secondo le regole di comune esperienza – la normale tollerabilità, con conseguenti danni alla salute del lavoratore, costituisce violazione degli art. 42, 2º comma, cost. e 2087 c.c., e ciò anche quando l’eccessivo impegno sia frutto di una scelta del lavoratore (estrinsecantesi nell’accettazione di straordinario continuativo – ancorché contenuto nel c.d. monte ore massimo contrattuale – o nella rinuncia a periodi di ferie), atteso che il comportamento del lavoratore non esime il datore di lavoro dall’adottare tutte le misure idonee alla tutela dell’integrità fisico-psichica dei dipendenti, comprese quelle intese ad evitare l’eccessività di impegno da parte di soggetti in condizioni di subordinazione socio-economica” (Cass. civ., sez. lav., 01-09-1997, n. 8267).
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