Assegno divorzile

Con la sentenza n. 11504, depositata il 10 maggio 2017, la Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione ha mutato il proprio trentennale orientamento in materia di assegno divorzile.

La Corte ha affermato che il giudice del divorzio, in merito alla statuizione circa il diritto all’assegno di mantenimento e la sua entità, dovrà fondare la sua decisione sul “principio di autoresponsabilità” economica di ciascuno degli ex coniugi.

L’abbandono del concetto dello stesso tenore di vita.

La Corte di Cassazione ha sottolineato che … perfezionatasi tale fattispecie estintiva (cessazione degli effetti civili del matrimonio), il diritto all’assegno di divorzio … è condizionato dal previo riconoscimento di esso in base all’accertamento giudiziale della mancanza di “mezzi adeguati” dell’ex coniuge richiedente l’assegno o, comunque, dell’impossibilità dello stesso “di procurarseli per ragioni oggettive”.

La prima sezione della Corte, richiamando quanto già statuito con sentenza n. 2546/2014, ha sottolineato come dall’analisi dell’articolo 5, comma 6, della l. 898/1970 si evinca che il giudizio in esso prefigurato è contraddistinto da due fasi tra loro nettamente separate, il cui oggetto è costituito dall’eventuale riconoscimento del diritto – an debeatur – e dalla determinazione quantitativa dell’assegno – quantum debeatur.

Infatti, in primo luogo, il giudice deve verificare l’esistenza del diritto all’assegno in astratto, facendo riferimento alla eventuale inadeguatezza dei mezzi o all’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, comparandoli con il tenore di vita goduto o che poteva legittimamente basarsi su aspettative maturate in costanza di matrimonio, in secondo luogo, deve procedere alla determinazione in concreto dell’entità dell’assegno in base alla valutazione dei criteri indicati nell’art. 5.

La ratio e l’esistenza dell’assegno divorzile risiede, in forza del combinato disposto tra gli articoli 2 e 23 Cost., nel dovere di solidarietà post-coniugale.

Tuttavia, il presupposto della predetta attribuzione è la mancanza di adeguati mezzi economici da parte del coniuge “debole” o la sua impossibilità a procurarseli per ragioni oggettive.

In assenza dei presupposti e delle ragioni di solidarietà, di cui sopra, la Cassazione ha affermato che il riconoscimento del diritto all’assegno di mantenimento si risolverebbe in una locupletazione illegittima, in quanto fondata esclusivamente sul fatto della “mera preestitenza” di un rapporto matrimoniale ormai estinto, ed inoltre di durata tendenzialmente sine die: il discrimine tra “solidarietà economica” ed illegittima lucupletazione sta, perciò, proprio nel giudizio sull’esistenza, o no, delle condizioni del diritto all’assegno, nella fase dell’an debeatur.

Inoltre, la sentenza in commento, considerando oramai superata la concezione patrimonialistica del matrimonio inteso come sistemazione definitiva, poggia le sue fondamenta sull’odierno sentire sociale del vincolo matrimoniale come atto di liberalità e di autoresponsabilità, nonché come luogo degli affetti e di effettiva comunione di vita, in quanto tale dissolubile.

Pertanto, alla luce dei predetti punti fondamentali della motivazione della sentenza n. 11504/2017, la Corte di Cassazione ha sancito i seguenti principi di diritto:

Il giudice del divorzio, richiesto dell’assegno di cui all’art. 5, comma 6, della legge n. 898 del 1970, come sostituito dall’art. 10 della legge n. 74 del 1987, nel rispetto della distinzione del relativo giudizio in due fasi e dell’ordine progressivo tra le stesse stabilito da tale norma:

  1. deve verificare, nella fase dell’an debeatur – informata al principio dell’autoresponsabilità economica” di ciascuno degli ex coniugi quali “persone singole”, ed il cui oggetto è costituito esclusivamente dall’accertamento volto al riconoscimento, o no, del diritto all’assegno di divorzio fatto valere dall’ex coniuge richiedente -, se la domanda di quest’ultimo soddisfa le relative condizioni di legge (mancanza di «mezzi adeguati» o, comunque, impossibilità «di procurarseli per ragioni oggettive»), con esclusivo riferimento all’indipendenza o autosufficienza economica” dello stesso, desunta dai principali “indici” – salvo altri, rilevanti nelle singole fattispecie – del possesso di redditi di qualsiasi specie e/o di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari (tenuto conto di tutti gli oneri lato sensu “imposti” e del costo della vita nel luogo di residenza dell’ex coniuge richiedente), delle capacità e possibilità effettive di lavoro personale (in relazione alla salute, all’età, al sesso ed al mercato del lavoro dipendente o autonomo), della stabile disponibilità di una casa di abitazione; ciò, sulla base delle pertinenti allegazioni, deduzioni e prove offerte dal richiedente medesimo, sul quale incombe il corrispondente onere probatorio, fermo il diritto all’eccezione ed alla prova contraria dell’altro ex coniuge;
  2. deve “tener conto”, nella fase del quantum debeatur – informata al principio della «solidarietà economica» dell’ex coniuge obbligato alla prestazione dell’assegno nei confronti dell’altro in quanto “persona” economicamente più debole (artt. 2 e 23 Cost), il cui oggetto è costituito esclusivamente dalla determinazione dell’assegno, ed alla quale può accedersi soltanto all’esito positivo della prima fase, conclusasi con il riconoscimento del diritto -, di tutti gli elementi indicati dalla norma («[….] condizioni dei coniugi, [….] ragioni della decisione, [….] contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, [….] reddito di entrambi [….]»), e “valutare” «tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio», al fine di determinare in concreto la misura dell’assegno di divorzio; ciò sulla base delle pertinenti allegazioni, deduzioni e prove offerte, secondo i normali canoni che disciplinano la distribuzione dell’onere della prova (art. 2697 cod. civ.).

Testo Sentenza 10 maggio 2017, n. 11504

Dott. Francesco Sanna.

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